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Un gioiello per l’udito. Ora il bijoux nasconde un impianto acustico
La Stampa del 23.07.2019
Un gioiello per l’udito. Ora il bijoux nasconde un impianto acustico
TORINO. In Giappone è il Kintsugi, l’arte di riparare un oggetto di ceramica con l’oro, per evidenziare e valorizzare la frattura piuttosto che nasconderla. Il difetto va impreziosito.
E’ l’elogio dell’imperfezione, un principio che la vicentina Chiara Riccò, 24 anni, neolaureata con 110 e lode allo Ied di Torino in Design del gioiello ha applicato al corpo umano e all’arte, riuscendo a trasformare un handicap in un valore aggiunto. Così è nato, dopo mesi di studio, l’apparecchio cocleare per non udenti pensato per essere mostrato con orgoglio, persino indossato nelle sfilate. Un impianto trattato come un accessorio di lusso, vistoso, ricco, moderno. Alla moda. Per ora è un prototipo, ma già perfettamente funzionante, che Chiara ha costruito partendo da zero. Da un’idea, poi il disegno, il primo modello in cera, quindi quello in 3D, e alla fine l’impianto-orecchino con cui ha conquistato la commissione d’esame dell’Istituto europeo del design. E che ora ha cominciato a incuriosire anche l’industria del settore. «A casa mio padre, che ha un’azienda di audioprotesi, mi raccontava delle difficoltà dei pazienti a indossare gli apparecchi acustici, delle resistenze per la vergogna, e del fatto che molti rinunciassero preferendo convivere con la sordità. Così ho deciso di lavorare proprio su questo aspetto, approfondendo la relazione tra l’uomo e l’etereo concetto di perfezione per scoprine le origini ed arrivare ad azzerarne il significato attraverso l’esaltazione della variabile genetica».
Chiara, che subito dopo la laurea ha trovato lavoro nell’alta gioielleria a Valenza, si è confrontata quindi con una dottoressa dell’ospedale Molinette di Torino, Carla Montuschi, specializzata in tec niche audiometriche: «Ho capito che era il momento giusto per osare con il mio progetto, con il suo aiuto ho contattato un’azienda leader nel settore, la Cochlear, che mi ha mandato un campione su cui lavorare».
L’ambizione di Chiara è fare dell’apparecchio quello che in passato è stato fatto con gli occhiali: «Trasformare in moda uno strumento di correzione. Commercialmente è un investimento, parliamo di impianti che arrivano a costare anche 40 mila euro».
Stilizzato, colorato, eccessivo, audace, elegante, chic, terribilmente moderno e realizzato con l’acetato di Mazzucchelli («materiale ideale perché non si usura nel tempo ed è anallergico»), l’apparecchio – gioiello che abbraccia l’orecchio, può ricordare l’auricolare di un telefono di ultima generazione, ma assomiglia soprattutto a un prezioso pendente, un bijoux del futuro per la prossima ragazza dal (finto) orecchino di perla, un orecchino «magico»: chi lo indossa torna a sentire.
di Miriam Massone