Più valore alla lingua dei segni

È quanto chiede un postulato presentato a Berna da Marco Romano – Il deputato PPD: «Troppe le differenze tra i Cantoni, inammissibile non ci sia ancora una soluzione a livello federale».

BERNA. La Svizzera è una terra di plurilinguismo: tre lingue ufficiali, quattro nazionali. O almeno così pensano in molti. In pochi sanno che, in realtà, il nostro Paese di lingue ne conta sette. A quelle più classiche e conosciute da tutti vanno infatti aggiunte la Deutschschweizer gebärdensprache (DSGS), la Langue des signes française (LSF) e la Lingua dei segni italiana (LIS). Già, a ognuna delle tre lingue ufficiali corrisponde una specifica lingua dei segni: un idioma visivo a sé stante e con una grammatica tutta sua. In Svizzera, anche se non esistono statistiche precise, circa 10.000 persone sorde usano principalmente una di queste tre lingue, e altre 13.000 come lingua straniera o per poter comunicare con parenti sordi. Malgrado la comunità dei sordi sia una minorità linguistica e culturale, le loro lingue, a differenza di tante altre nazioni, in Svizzera non sono riconosciute giuridicamente. Da anni la Federazione svizzera dei sordi (FSS) si batte per ottenere questo riconoscimento e nelle scorse settimane un passo avanti è stato fatto.

«Serivirà tanta sensibilizzazione».
Lo scorso maggio la FSS ha infatti deciso di rivolgersi alla politica ed ha organizzato una tavola rotonda per riflettere sulla sfida del riconoscimento della lingua dei segni. L’iniziativa ha suscitato l’interesse di diversi deputati alle Camere federali di tutte le regioni linguistiche, ed è così stato depositato lo scorso mese al Consiglio federale un postulato interpartitico per incaricarlo di redigere un rapporto sulla questione. Primo firmatario dell’atto parlamentare, il ticinese Marco Romano (PPD). «Nella cerchia di amicizie ho avuto modo di conoscere delle persone che hanno genitori sordi. Però avevo sempre dato un po’ per scontato che, con lo sviluppo della tecnologia e con la nostra società sempre più inclusiva, i problemi fossero sì presenti e importanti, ma relativi. È stato interessante questo avvicinamento da parte della FSS che mi ha contattato qualche mese fa per chiedermi se ero interessato al tema. Viste anche le mie conoscenze ho detto sì, facendo così la mia prima grande scoperta: non esiste la lingua dei segni, ma le lingue dei segni, che in Svizzera sono tre e sono ben distinte tra loro. Rispetto ad altri Paesi abbiamo anche questa difficoltà aggiuntiva. Da sempre a Berna mi occupo di plurilinguismo, e scoprire che accanto alle 4 lingue nazionali ce ne sono altre tre mi ha colpito. Quindi, con la Federazione e assieme a parlamentari delle altre regioni linguistiche ci siamo seduti attorno al tavolo per preparare questo atto parlamentare». Ma non si tratta unicamente di riconoscere una lingua. Le barriere comunicative e sociali tra i sordi e gli udenti hanno infatti anche importanti conseguenze a livello sociale. Nello stesso postulato viene ricordato che i sordi sono tre volte più colpiti dalla disoccupazione. «Certo – prosegue Romano – penso ad esempio anche al tema della scolarizzazione dei ragazzi sordi, che vogliono e possono con gli strumenti adeguati stare nelle classi normali. Non c’è nessuna ragione per mettere un bambino sordo in una classe speciale. Semplicemente, servono una serie di accompagnamenti che in Svizzera sono resi più difficili perché la competenza nell’ambito scolastico è cantonale. Diversi cantoni hanno trovato soluzioni differenti. Penso poi all’avere gli strumenti per poter chiamare l’ambulanza, i pompieri o la polizia. In alcuni cantoni ci sono delle applicazioni per smartphone che permettono di fare ciò. In altri cantoni invece non è possibile. A livello scolastico spesso le soluzioni sono affidate all’iniziativa spontanea di singoli docenti o di singoli istituti scolastici che vivono questa sfida. Ma non è ammissibile che a livello di Confederazione non si riconosca la problematica e si ponga una base solida, nero su bianco, per capire come affrontare il fenomeno». Ma oltre al riconoscimento, secondo il consigliere nazionale «servirà anche un gran lavoro di sensibilizzazione. Un sordo oggi può fare qualsiasi sport, eppure in molte realtà vengono ancora emarginati. Magari non sente il fischietto, ma è un motivo per non giocare a calcio? Non penso proprio. E poi ci sono anche udenti che spesso e volentieri fanno finta di non sentire il fischio dell’arbitro».

Formazione e lavoro.
Anche secondo Massimo Baciocchi, responsabile media per la Svizzera italiana della FSS, i due temi più rilevanti sono la scuola e il mondo del lavoro. «I maggiori benefici di questo riconoscimento riguarderebbero la miglior inclusione della comunità dei sordi nella società. In particolare per l’accessibilità alla formazione e al mondo del lavoro, ovvero i due ambiti dove ancora oggi riscontriamo il maggior numero di discriminazioni». Cosa fare, concretamente, per migliorare l’accessibilità all’istruzione? «La situazione ideale – ci spiega Baciocchi – sarebbe la possibilità di avere una scuola bilingue. L’alternativa è l’intervento degli interpreti e dei mediatori. Gli interpreti ad esempio oggi sono finanziati con l’Assicurazione invalidità. Ma il sostegno sociale in questo senso ancora oggi non è sufficiente. Il riconoscimento ufficiale della lingua permetterebbe degli aiuti più importanti e puntuali». E per il mondo del lavoro? «Nel mondo del lavoro purtroppo in alcuni casi la disoccupazione deriva proprio da una mancata formazione adeguata. Ma anche quando sono formate, le persone sorde rischiano di rimanere discriminate perché non c’è sufficiente cultura in ambito professionale da parte dei datori di lavoro nel capire che la persona sorda è una risorsa eccellente. I sordi vogliono lavorare e non essere a carico della società: bisogna dargli questa opportunità. Ci sono strumenti utili per abbattere le barriere comunicative nel mondo del lavoro. Penso al servizio di interpretariato telefonico. Le soluzioni esistono, serve buona volontà. Il riconoscimento giuridico ci permetterebbe ad esempio di potenziare questo servizio, anche perché oggi in Ticino è attivo solo la mattina. Sotto molti punti di vista il riconoscimento sarebbe una svolta importante. Detto ciò, per fare questo grande passo saranno necessari tanti altri piccoli passi. E noi continuiamo dunque con il nostro lavoro di sensibilizzazione in vari ambiti, dalla scuola all’insegnamento della LIS, passando per il settore sanitario, ma soprattutto per far conoscere la comunità dei sordi e le sue esigenze».

di Paolo Gianinazzi

Fonte: Corriere del Ticino del 21.07.2019