Resta informato
Scopri tutte le notizie e rimani aggiornato iscrivendoti alla newsletter
Sordità nel bambino
Sordità nel bambino
OK Salute del 28/09/2020
In che modo si può capire se nostro figlio ha una sordità congenita o acquisita? E come si può intervenire?
La sordità nel bambino può essere congenita, e colpire complessivamente 1-2 piccoli su 1000 nascite, o acquisita, che si manifesta nei primi 3-4 anni di vita, riguarda circa 3 bimbi su 1000 nati. Le ipoacusie infantili possono essere trasmissive, se è alterato il trasferimento meccanico del suono, o percettive, quando il deficit riguarda l’organo sensoriale o le vie nervose. La gravità della perdita uditiva viene classificata in lieve, media, grave e profonda,
in base all’aumento di soglia (cioè della minima intensità udibile), frequenza per frequenza.
Sordità nel bambino: congenita o acquisita
Le forme ereditarie di sordità infantile sono circa il 50% di quelle presenti fin dalla nascita, ma la matrice genetica è ancora oscura. L’ipoacusia genetica può essere isolata o associata ad altre patologie, che spesso coinvolgono tiroide, reni, diaframma. La sordità acquisita può insorgere durante la gravidanza (prenatale), il parto (perinatali) o nei primi mesi di vita (postnatali). Tra le cause di ipoacusia prenatale c’è sicuramente il cosiddetto “complesso Torch”, un gruppo di agenti infettivi composto da toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus e herpes simplex, contratto dalla futura mamma in gestazione. La sordità insorta durante il parto può essere causata da anossia, cioè un insufficiente apporto di ossigeno, e quella postnatale è spesso scatenata da meningite, parotite, morbillo o farmaci ototossici.
Lo screening alla nascita
Purtroppo, in Italia, l’esame post-natale per valutare l’udito del neonato già nelle prime ore di vita non è obbligatorio in tutte le regioni e solo la metà degli ospedali italiani lo esegue di routine. Eppure la diagnosi precoce di un’eventuale sordità congenita consentirebbe di intervenire in maniera tempestiva con apposite protesi acustiche, quando il cervello è ancora ricettivo per imparare il linguaggio. In alcuni centri lo screening viene fatto solo su gruppi di neonati con fattori di rischio, per esempio i prematuri e i nati da madri che hanno avuto la rosolia in gravidanza.
Il test a oto-emissioni, così si chiama, è rapido, totalmente innocuo e indolore e dà un risultato immediato. Sfrutta le emissioni otoacustiche, appunto, ossia i suoni generati dalla coclea in risposta a stimoli sonori: di solito si misurano con un apparecchietto che viene inserito nel condotto uditivo esterno e che assomiglia a un termometro, dotato di un piccolo microfono in grado di inviare un segnale impercettibile e registrare la risposta dell’orecchio.
Gli esami da fare dopo la diagnosi di sordità nel bambino
Se non viene rilevata una buona funzionalità dell’apparato uditivo, il bambino è subito sottoposto a un test audiometrico comportamentale per verificare il grado di sordità e nuovamente al test a otoemissioni entro 3 mesi. Il test audiometrico comportamentale è basato sull’interattività che il bimbo manifesta con gli oggetti che lo circondano: si valutano gli stimoli sonori, prodotti mediante un apposito apparecchio audiometrico, che è in grado di provocare una serie di movimenti o riflessi muscolari e neurovegetativi come il pianto o il risveglio. Oltre al test audiometrico comportamentale, i test audiologici infantili si basano sulle risposte uditive elettriche che vengono rilevate anche senza la collaborazione del bambino. Si tratta, per esempio, dell’esame Abr, che utilizza degli elettrodi per misurare l’attività elettrica delle vie uditive.
Un test per testare la sordità nel bambino
A prescindere dai controlli degli specialisti, i genitori devono sempre monitorare le capacità uditive del bambino. L’otorinolaringoiatra Sandro Burdo, responsabile scientifico dell’Associazione italiana liberi di sentire onlus, ha messo a punto un test per aiutare le mamme e i papà a capire se il bimbo può avere disturbi uditivi. Di seguito sono elencati i comportamenti comunicativi che i bambini devono aver sviluppato nelle diverse fasi dello sviluppo. Se il piccolo non fa alcune delle cose elencate, rivolgetevi a un centro di audiologia.
A 3 mesi
• Si spaventa oppure smette di muoversi con un rumore improvviso (una porta che sbatte, un cane che abbaia, un urlo);
• Si sveglia e piange quando qualcuno parla o c’è un rumore improvviso;
• Smette oppure accelera o rallenta la poppata quando c’è un rumore improvviso;
• Riconosce e viene tranquillizzato dalla vostra voce ;
• L’alternanza di suoni forti e deboli attira la sua attenzione (per esempio spalanca o socchiude gli occhi).
A 6 mesi
• Volge il capo nella direzione di un suono improvviso e forte;
• Di solito smette di piangere quando la mamma lo chiama;
• Rivolge lo sguardo nella direzione di chi parla e lo chiama;
• Suoni familiari come il tintinnio del cucchiaino nel piatto evocano una sua reazione come se avesse capito che è l’ora della pappa;
• Gli piacciono i giochi musicali.
A 9 mesi
• Capisce il significato di «no», «ciao», «andiamo»;
• Usa la voce per attirare l’attenzione;
• Presta attenzione a musica e canzoni;
• Si gira se qualcuno lo chiama o se un rumore proviene da dietro (non è necessario che il rumore sia forte);
• Riconosce il suo nome e quello dei membri della sua famiglia anche se non sono presenti;
• Capisce se la voce di una persona è amichevole;
• Rivolge lo sguardo nella direzione di un suono, di una voce o di chi lo chiama;
• Riproduce molti più suoni nuovi rispetto a due mesi fa.
A 1 anno
• Riconosce il nome dei suoi giocattoli;
• Usa la voce per attirare l’attenzione dei presenti;
• Capisce il significato di domande semplici;
• Capisce il significato di comandi semplici («dammi la mano», «apri la bocca»…);
• Si guarda intorno quando ci sono rumori nuovi;
• Saluta a comando;
• È attratto dallo squillo del telefono e del campanello di casa;
• Sa identificare le persone e le parti del corpo;
• Balla quando c’è della musica;
• Localizza i suoni.
A 2 anni
• Sa indicare gli oggetti che gli vengono nominati;
• Esegue ordini semplici;
• Gli piacciono la musica, la radio, lo stereo, la televisione;
• Riconosce i suoni;
• Riconosce e sa indicare le parti del suo corpo;
• Risponde con sì o no alle domande relative a eventi familiari;
• Ascolta volentieri le storie in gruppo;
• Risponde quando lo si chiama da un’altra stanza;
• Vuole comunicare per esprimere i suoi interessi, i bisogni e raccontare le sue esperienze;
• Si arrabbia se gli adulti non riescono a capirlo.
A 3 anni
• Pone delle domande;
• Inizia a capire il significato di dentro, fuori, sopra, sotto;
• Risponde a domande semplici;
• Ascolta le favole in cassetta o CD ;
• Presta attenzione ai richiami verbali di pericolo;
• Parla e ascolta al telefono.
Come si risolve la sordità nel bambino
Le protesi di ultima generazione sono strumenti elettronici in miniatura in grado di riconoscere e amplificare i suoni in modo chiaro. Nei casi più gravi si può ricorrere ad impianti cocleari e alla chirurgia. Ecco i quattro tipi di soluzioni, illustrati da Eliana Cristofari, responsabile della struttura di otorinolaringoiatria e audio-vestibologia dell’Ospedale di Circolo di Varese
Protesi Acustiche Esterne
Sono apparecchi acustici digitali che possono essere sistemati nel condotto uditivo (endo-auricolari) oppure appoggiati al padiglione auricolare (retro-auricolari). Attraverso un tubicino e una chiocciola convogliano il suono direttamente alla membrana timpanica e all’orecchio. Le protesi più recenti, definite open fitting, sono ancora più sofisticate e più piccole e consentono di correggere le sordità limitate ai suoni acuti. Oggi grazie alla tecnologia bluetooth è possibile sincronizzare i segnali di vari strumenti elettronici (tv, telefono, lettore mp3 o computer) senza dover utilizzare cavi o cuffie. Sono adatti a risolvere quasi tutti i tipi di ipoacusia, tranne le sordità profonde.
Protesi acustiche impiantabili
Sono simili alle protesi esterne, ma vengono inserite dal chirurgo nell’osso mastoideo o nella cassa timpanica. In genere si preferiscono in caso di infezioni, malformazioni del condotto uditivo o per motivi estetici. Lo svantaggio è che bisogna sottoporsi a un intervento chirurgico delicato e l’obbligo di tornare in sala operatoria periodicamente per cambiare le pile. Anche queste sono adatte a risolvere quasi tutte le ipoacusie, tranne quelle profonde.
Impianti cocleari
Sono apparecchiature di grande complessità che vanno a sostituire la coclea con intervento chirurgico. Sono composte da una parte interna da impiantare all’interno dell’orecchio e da una esterna. Sono adatti a risolvere casi di sordità profonda o totale e di ipoacusia monolaterale (che colpisce un solo orecchio).
Intervento chirurgico
Si può ricorrere al bisturi quando subentra la otosclerosi, cioè una crescita sbagliata delle ossa intorno all’orecchio che impediscono a uno o più ossicini di muoversi. Il chirurgo sostituisce la staffa immobilizzata (uno degli ossicini interni) con una micro-protesi di teflon o di altro materiale. Le tecniche più recenti prevedono l’uso del laser per praticare un piccolissimo foro nella finestra ovale dove appoggia la staff e dove inserire la protesi.