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Silenzio in classe. A lezione per parlare senza dire parola
Il Corriere della Sera del 20.03.2019
Silenzio in classe. A lezione per parlare senza dire parola
BRUGHERIO. Il silenzio, durante la lezione, è rotto solo dai sorrisi. Ma tra una risata e l’altra, in realtà, gli alunni comunicano, raccontano di loro, addirittura si applaudono a vicenda. Perché a Brugherio, nella sede di Co.Me (Comunicativa Mente), si parla con le mani, con gli occhi, con la postura delle spalle e del corpo. Una cosa, comunque, è da mettere subito in chiaro: non è un «linguaggio» e non si tratta di «gesti». È una lingua vera e propria. Alla quale Martina D’Auria e Anna Diurno, 30 e 29 anni, hanno dedicato lo spazio aperto in una villetta di via Matteotti. Un’associazione dove si promuove la lingua italiana dei segni (Lis), con corsi rivolti ad adulti, ragazzi e bambini. E che sta suscitando un interesse che forse nemmeno loro due, entrambe esperte della Lis, si aspettavano. «Noi crediamo in questa forma di comunicazione e crediamo che sia importante diffonderla e farla conoscere, perché crea relazione fra le persone, allarga la mente, porta a guardarsi dritto in faccia, a prescindere dal fatto che uno entri in contatto o meno con persone non udenti».
A pochi mesi dal via, i corsi rivolti a ragazzi e adulti sono già due: «Abbiamo educatori, insegnanti, infermieri, un pensionato che si è incuriosito, una ragazza disabile che vuole interagire meglio con una amica sorda, un adolescente portato da sua mamma che poi non ci ha più lasciato». E poi, i laboratori dedicati ai bambini: «Aiutiamo genitori che vogliono farsi capire meglio dai loro piccoli, alcuni con difficoltà del linguaggio, altri no.È bastato farci conoscere che sulla pagina Facebook di Co.Me. sono piovuti i riscontri». Una web radio di Brugherio le ha contattate: «Ora teniamo una piccola rubrica “radiovisiva”, nella quale spieghiamo qualche nozione di lingua dei segni». La loro non è solo una passione. Anna è insegnante di scuola primaria. Ha studiato Scienze dell’educazione e poi si è rivolta all’Ens (Ente nazionale sordi), fino a diventare interprete di lingua dei segni grazie a una specializzazione presa all’università di Venezia. Martina ha una laurea in Psicologia alla Bicocca, vari studi di linguistica e anche lei si è formata all’Ens. Oggi lavora come assistente alla comunicazione in due scuole di Monza, dove fa sostegno a studenti sordi. Lo scorso autunno hanno creato Co.Me.: «C’è ignoranza sul mondo della sordità, troppi luoghi comuni. È sbagliato parlare di sordomuti, di “linguaggio”, l’Italia è l’unico paese d’Europa con il Lussemburgo dove la lingua dei segni (che cambia da Paese a Paese, ndr) non ha riconoscimento legislativo, così come le figure professionali che la praticano». La loro sfida è all’inizio, anche se è partita anni fa, quando Anna, che già studiava la lingua dei segni, si rivolse a Martina: «L’ho guardata e le ho detto: comincia anche tu, così quando andiamo a ballare, possiamo parlare anche con la musica alta».