Resta informato
Scopri tutte le notizie e rimani aggiornato iscrivendoti alla newsletter
Scandalo violenze in Sudamerica. Nuova inchiesta contro don Corradi.
Scandalo violenze in Sudamerica. Nuova inchiesta contro don Corradi.
Bufera sul Provolo: il caso si allarga a macchia d’olio e si moltiplicano le accuse al prete veronese. Un altro ex studente lo denuncia pubblicamente e il giudice lo tiene in carcere
VERONA «Anni di abusi e vergogna, costretto a sopportare senza poter reagire. Quel prete veronese ha violentato anche me». Daniel Sgardelis ha 42 anni. È nato e vive a Tartagal, Salta, in Argentina. Ma la sua infanzia e l’adolescenza li ha trascorsi nella città sudamericana di La Plata,a studiare e vivere nell’«Antonio Provolo Institute » per sordomuti che ha sede anche a Verona e che, in terra scaligera, è finito nella bufera per le molestie denunciate da decine di ex studenti. Uno scandalo che adesso si ripete in Sudamerica, dove si sta estendendo a macchia d’olio l’inchiesta che ha visto finire in carcere don Nicola Corradi, il sacerdote veronese di 82 anni arrestato per pedofilia insieme ad altri 4 operatori scolastici (tra cui un secondo prete e un chierichetto) e ora detenuti nel carcere di Boulogne Sur Mer.
Già implicato vent’anni fa nelle molestie denunciate dagli ex alunni del Provolo di Verona( indagine penale, quella, finita poi in un cassetto perché i presunti reati sessuali di cui si sarebbe reso responsabile risultarono azzerati dall’avvenuta prescrizione), don Nicola si è appena visto negare la scarcerazione, o quantomeno i domiciliari, così come don Horacio Corbacho (di 56 anni), il sacrestano Jorge Bordon (50), l’impiegato amministrativo della scuola José Luis Ojeda (41) e il giardiniere Armando Gómez (46). Tutti e cinque devono fare i conti con le pesantissime accuse di corruzione di minori e abusi sessuali su bambini e adolescenti aggravati dall’aver approfittato del proprio ruolo di educatori e dalla convivenza con le vittime presso la sede del Provolo a Mendoza, altra città argentina.
Ma è contro il religioso veronese che si stanno concentrando le contestazioni più gravi: tanto che adesso, dopo l’inchiesta-choc che gli è costata l’arresto, contro di lui ne è stata aperta una seconda, stavolta per le presunte violenze nella sede del Provolo di La Plaza. Contro di lui, con una denuncia pubblica, è appena sceso allo scoperto proprio Sgardelis: frequentò la scuola argentina di La Plaza, dove don Corradi venne inizialmente trasferito nel 1996 su decisione delle autorità ecclesiastiche italiane quando vennero alla luce le violenze da lui commesse a Verona. Due,fino a questo momento, le denunce depositate contro don Corradi da altrettanti suoi ex studenti a La Plata: tanto che il procuratore generale della città, Ettore Bogliolo, ha già avviato le indagini e ha rivolto tra il 1981 e il 1995. Ragion per cui don Nicola, nonostante si sia presentato in tribunale in sedia a rotelle lamentando ragioni legate alla sua anziana età e «precarie» condizioni di salute, si è visto confermare la detenzione dietro le sbarre.
«Sto male, sono vecchio e malato» implorava il prete affermando di soffrire di «ipertensione lieve, sordità lieve, incontinenza e un glaucoma al suo occhio destro»: ma il magistrato non gli ha concesso sconti. Determinante, contro il religioso, l’ultima accusa giunta da La Plata. « Quattro anni fa avevo girato un video su Youtube per fare la denuncia e non ero stato ascoltato, adesso finalmente sto trovando ascolto » ha rivelato Sgardelis. Una testimonianza raccolta attraverso una teleconferenza con gli interpreti di lingua dei segni da parte del procuratore Fernando Cartasegna. «La vittima ha ricordato tutto ciò che è accaduto a La Plata nei dettagli – ha confermato il magistrato -. I fatti denunciati si sono verificati 28 anni fa,l’ex studente è rimasto sconvolto e ferito, ha chiesto che i responsabili siano puniti e che nessun bambino debba più rivivere abusi di tale entità. Contro chi abbiamo gli indizi più gravi? Contro don Corradi». A La Plata, dunque, come a Mendoza. E come già fu a Verona.
Fonte: Corriere del Veneto del 03-01-2017