I nostri progetti
Il MIO MUSEO – E LE SUE STORIE
Il lavoro preparatorio
La progettazione, l’organizzazione e la realizzazione del laboratorio hanno avuto inizio ad agosto 2024, con i primi contatti al Museo finalizzati alla prospettiva della realizzazione del laboratorio nella cornice di Bookcity.
Da agosto a novembre il laboratorio è stato interamente riprogettato, sia nella parte di visita al Museo, che nel frattempo ha cambiato quasi interamente il suo allestimento (questo ha implicato due visite preparatorie e lo studio delle nuove opere e delle nuove collocazioni), sia nella parte laboratoriale, per distinguerlo nettamente dalle edizioni precedenti.
Nel frattempo, ho creato e coordinato la comunicazione tra i vari enti (Pio Istituto dei Sordi, Bookcity, Museo del Novecento), scrivendo e modificando i testi per i materiali di comunicazione e avendo cura che fossero approvati dal Pio Istituto dei Sordi e dagli enti implicati.
Ho tenuto le relazioni con Bookcity e verificato che l’evento fosse correttamente inserito nel palinsesto, richiedendo le necessarie modifiche perché fossero messi in risalto gli enti organizzatori.
Ho reperito e coordinato le interpreti LIS e coordinato la parte gestita da Ad Artem per la visita degli adulti, in modo che venisse valorizzata positivamente la presenza dell’interprete LIS e che il tour museale fatto dagli adulti fosse in risonanza con la visita fatta dai bambini.
Ho gestito la parte organizzativa e logistica relativa al Museo, relazionandomi con la referente del Museo, ho reperito e trasportato i materiali per il laboratorio, ho creato il form per le iscrizioni e ho risposto personalmente a tutti gli iscritti, fornendo indicazioni logistiche e di altro genere.
Ho coordinato tutte le figure implicate nella realizzazione del laboratorio: Martina Gerosa, che ha facilitato la partecipazione di bambine e bambini e adulti con disabilità uditiva, le docenti di sostegno di due dei bambini partecipanti, le interpreti LIS, le referenti del Museo. Ho reperito, formato e coordinato tre figure volontarie che mi hanno supportata nell’esecuzione dello stesso.
Il laboratorio
Il laboratorio si è tenuto sabato 16 novembre 2024, dalle 10.30 alle 12.30, in occasione di Bookcity, presso il Museo del Novecento. Nella prima ora le bambine e i bambini sono venuti con me alla scoperta delle opere del Museo del Novecento, nella seconda parte si sono seduti davanti alle rose di Kounellis e hanno utilizzato un leporello per creare una loro personale reinterpretazione del museo.
Contemporaneamente, grazie alla collaborazione con Ad Artem, i genitori hanno visitato il Museo con una guida segnante (Karen Borraccino). Per valorizzare al meglio la proposta, grazie a Martina Gerosa e a una mia collaboratrice abbiamo coinvolto altri tre adulti sordi che, insieme alla mamma di uno dei bambini presenti al laboratorio, hanno fruito della possibilità della traduzione in LIS.
Al laboratorio per i bambini, che ho tenuto con la collaborazione di Sara Adobati per l’interpretariato in LIS, erano presenti due bambini sordi, entrambi segnanti e entrambi afferenti alla stessa classe della primaria. La prima bambina, oltre alla sordità ha una forma di disabilità che le restringe il campo visivo, e qualche problema di motricità, e il secondo proviene da una situazione di forte povertà educativa.
Coinvolte da Martina Gerosa, hanno partecipato al laboratorio come volontarie di supporto due docenti di sostegno della classe portando con loro un altro compagno di classe, rifugiato dalla Bielorussia, che segna perché CODA – la sua mamma è segnante. Insieme a loro, due compagni che hanno imparato la LIS grazie a un progetto specifico della Perasso, uno dei quali caratterizzato da una teorica iperattività e oppositività (che non si è minimamente manifestata all’interno del laboratorio).
In tutto, hanno partecipato 14 bambine e bambini. Oltre ai bambini coinvolti grazie a Martina Gerosa, ha partecipato un bambino con autismo, iscritto tramite i canali di Bookcity.
Dal riscontro dei genitori e delle insegnanti, tutti i bambini con disabilità che hanno partecipato non avrebbero normalmente fruito di un’esperienza del genere, vuoi per il contesto di povertà educativa che caratterizzava alcuni di loro, ma anche per la scarsa fiducia in generale di poter essere accolti coi propri talenti e le proprie specificità in un’attività laboratoriale aperta a tutti.
Il laboratorio è stata dunque un’occasione reale di accesso reale a un luogo della cultura importante.
L’effettiva accoglienza di tutte le bambine e bambini, ognuna e ognuno coi sui talenti e le sue specificità, è stata possibile grazie al lavoro di cura intessuto nelle settimane precedenti con i genitori e le docenti. Tra le altre cose, sono tornata al museo qualche giorno prima del laboratorio specificamente per fare un video che mostrasse ai bambini con autismo e con tratti vicini all’autismo gli spazi e le fasi del laboratorio, perché lenire la difficoltà di entrare in uno spazio nuovo e sconosciuto. Ho inoltre predisposto del materiale da incollare nel caso qualcuno avesse avuto
difficoltà nel disegno in fase laboratoriale. Preziosissimo è stato l’aiuto delle docenti e delle volontarie.
Il laboratorio è stato entusiasmante: mi erano state segnalate delle difficoltà specifiche e dei possibili comportamenti oppositivi in sei dei bambini presenti, e nessuno di questi si è manifestato.
Per il bambino proveniente dalla Bielorussia era addirittura stato previsto un piano b: se fosse andato in burnout l’insegnante di sostegno lo avrebbe accompagnato fuori. Invece ha partecipato utilizzando il traduttore automatico e risposto in maniera attiva a tutte le domande. Il bambino segnante fa fatica a seguire attività dall’inizio alla fine, ha partecipato invece a ogni tappa del percorso. Per la bambina con difficoltà anche motorie c’era un punto di domanda sulla sua “resistenza” in un’attività impegnativa e che richiedeva spostamenti significativi: è arrivata fino alla fine e ha creato una delle opere più belle.
Conclusioni
Questo laboratorio ha dimostrato all’interno di un contenitore come Bookcity e di un luogo significativo come il Museo del Novecento la possibilità di immaginare attività culturali che includano per davvero e funzionino per tutte le bambine e tutti i bambini, ognuno con la sua specificità.
Ho voluto raccontare di tutta la parte invisibile che sta dietro alle due ore di laboratorio per dimostrare che la chiave perché questo avvenga è la cura.
Ringrazio il Pio Istituto dei Sordi per la sua specifica cura, anche nei confronti del mio lavoro, e per aver reso possibile tutto questo.