La Lombardia sta pensando di coinvolgere le associazioni di volontariato per vaccinare gli homeless e i migranti irregolari: quelle stesse associazioni che si prendono cura di chi spesso non riesce ad accedere alle cure sanitarie. L’ipotesi è emersa durante la commissione Sanità di questa mattina al Pirellone
volto con mascherina, covid, vaccino

MILANO – La Lombardia sta pensando di coinvolgere le associazioni di volontariato per vaccinare gli homeless e i migranti irregolari: quelle stesse associazioni che si prendono cura di chi spesso non riesce ad accedere alle cure sanitarie. L’ipotesi è emersa durante la commissione Sanità di questa mattina al Pirellone. “Le Ats contatteranno le organizzazioni per chiedere il numero stimato di soggetti che assistono e per capire la capacità che hanno di somministrare le dosi vaccinali”, spiega Marco Salmoiraghi, dell’Unità organizzativa della direzione Welfare. Attualmente gli stranieri residenti in Lombardia senza permesso di soggiorno non possono accedere alle iniezioni, perché il codice fiscale temporaneo (chiamato Stp) non gli permette di accedere al portale. La criticità riguarda anche chi sta aspettando che venga valutata dalle commissioni territoriali la sua richiesta d’asilo. Già la settimana scorsa il dg Welfare, Giovanni Pavesi, aveva assicurato che la Regione stava cercando di risolvere il problema. Oggi Salmoiraghi ha ribadito questa intenzione: “In due settimane dovremmo avere una soluzione. Stiamo aspettando di ricevere dal sistema tessera sanitaria nazionale le indicazioni sui codici Stp rilasciati alle regioni”. A questi soggetti, come anche agli homeless, verrà somministrato prevalentemente il siero Johnson&Johnson, perché monodose.

Salmoiraghi ricorda che è un tema “di sanità pubblica” quello di garantire la copertura vaccinale anche a chi è presente in modo irregolare nel nostro Paese. La consigliera, Viviana Beccalossi, (ora nel gruppo misto ma precedentemente iscritta a Fdi), chiede che vengano privilegiate le somministrazioni “ai lombardi” dicendo di avere “a cuore i 40enni che lavorano qui e i giovani”.

Salmoiraghi, però, sottolinea che sono proprio queste persone lasciate ai margini della società a poter “contribuire alla diffusione del contagio”.(DIRE)

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