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Lingua dei Segni: da martedì il DDL in Aula
Lingua dei Segni: da martedì il ddl in Aula
ROMA. Lingua dei segni nuovo (e forse ultimo) appello. Riprende martedì prossimo, in aula al Senato, la discussione della legge sul riconoscimento di questo strumento di comunicazione che consente, in primo luogo ai bambini sordi, un pieno sviluppo cognitivo, l’accesso all’istruzione, alla cultura e all’inserimento lavorativo e sociale.
La legge è attesa da due decenni e benché riguardi quasi un milione di persone sorde e le loro famiglie, anche in questa legislatura non ha avuto la strada spianata. Ripresentato il 26 marzo del 2013, il testo era già arrivato in aula a maggio 2017 ma poi, i contrasti politici, specchio delle divergenze in Parlamento su alcuni aspetti del provvedimento tra le associazioni che rappresentano le persone sorde, hanno congelato l’esame e rallentato l’iter. Da martedì si riparte. «Abbiamo l’obbligo di cancellare la vergogna – ha dichiarato il relatore Francesco Russo (Pd) – di vivere nell’ultimo paese in Europa, che non ha ancora una legge che riconosca pienamente i diritti essenziali delle persone sorde». Si tratta di un provvedimento ancora in prima lettura a palazzo Madama, che dovrà successivamente approdare alla Camera, ma molto atteso per due motivi: in Italia le persone sorde sono circa 960.000, cifra che comprende i nati sordi (e che quindi non hanno potuto acquisire il linguaggio parlato come i bambini udenti) e coloro che lo sono diventati per effetto di incidenti o malattie.
L’espressione «molto atteso» sottolinea anche lo scarto di due decenni con cui l’Italia recepisce le risoluzioni in materia di lingua dei segni, fatte dal Parlamento europeo nel 1988 e poi nel 1998. «La legge che riconosce piena dignità alla lingua dei segni italiana – ha confermato Russo – arriva con almeno 20 anni di ritardo». Il ddl stabilisce il riconoscimento della Lis «quale lingua propria della comunità dei sordi, equiparandola pertanto a una qualsiasi lingua di minoranza linguistica», che trae la propria origine da una base etnica. La Lis, invece, come si legge nella relazione, viene considerata una «lingua non territoriale» della comunità dei sordi. In termini pratici vuol dire che la Lis verrà utilizzata nei rapporti con le amministrazioni pubbliche e con gli enti locali, nonché nei procedimenti giudiziari civili e penali. La legge garantisce l’insegnamento della lingua dei sordi nella scuola primaria e secondaria di primo grado, nonché l’utilizzo dell’interprete della Lis nelle scuole superiori e nelle università. Verranno inoltre incentivate le trasmissioni televisive nelle quali è utilizzata la Lis e quelle gestite dai sordi.
«La legge – spiega Russo – riconosce i diritti e le esigenze delle persone sorde, partendo dalla necessità dello screening neonatale che consente di individuare, in maniera precoce, i bambini affetti da sordità profonda e, di conseguenza, poter intervenire tempestivamente». «Un bambino che riceve le cure adeguate con l’ausilio della protesi o dell’impianto cocleare nei primi mesi di vita – ha proseguito il relatore della legge – può recuperare l’udito e la capacità di esprimersi oralmente al 100%. C’è quindi un aspetto medico e logopedico ma ce n’è anche uno pratico che induce a introdurre la lingua dei segni». «Favorire gli interventi in ambito scolastico e universitario, facilitare i rapporti con la giustizia, la pubblica amministrazione o la sanità», sono altre finalità del provvedimento. «Non sono isolati – ha sottolineato il senatore Pd – i casi di ingiustizia a sfavore di persone sorde, che non sono state in grado di esprimersi davanti a un avvocato o a un giudice o semplicemente fare una denuncia alla Polizia o ai Carabinieri».
«Così, allo stesso tempo. va salvaguardata la piena libertà di scelta, il diritto – ha precisato Russo – di poter interagire con un medico per ricevere le cure o avere informazioni sul proprio stato di salute, sempre avendo la possibilità di utilizzare la lingua dei segni». «Dal punto di vista pedagogico – altro settore di intervento del ddl – le più interessanti esperienze sono quelle che tengono insieme, nelle stesse classi, bambini normodotati e bambini non udenti, in modo che i normodotati apprendano l’uso della lingua dei segni, moltiplicando le possibilità di apprendimento e di educazione per l’intera la classe. È una legge che io auspico possa essere votata da tanti senatori in maniera trasversale». Il traguardo potrebbe non essere lontano. Se il ddl passerà al Senato senza intoppi, ci sarebbe il tempo per licenziarlo definitivamente in seconda lettura alla Camera. «C’è qualche piccolo problema da risolvere – ha infine sottolineato Russo – come la formazione degli interpreti, in ambito universitario o para universitario, piuttosto che con una formazione fai da te. Io mi auguro un ampio consenso trasversale. Del resto la legge vuole favorire la piena partecipazione democratica e il riconoscimento dei diritti a persone che ancora oggi rischiano di rimanere ai margini a causa della loro disabilità».
Fonte: Il Messaggero del 01-10-2017