Le scelte di chi non sente

da L’Espresso del 13/10/2020

Cara Rossini, sono abbonata all’Espresso da molti anni e ultimamente ho letto un articolo sull’universo parallelo dei sordi. Da madre di un ragazzo ipoacusico profondo pre-linguale, come recita la diagnosi, vorrei raccontarle il mio diverso punto di vista. Emanuele non vive “nel mondo dei sordi” ma nel mondo in cui tutti viviamo, con la sua famiglia, i fratelli udenti ed i pochissimi amici, udenti anch’essi. Noi non conosciamo altri ragazzi sordi perché non siamo iscritti a nessuna associazione. Io credo, magari sbagliando, che le associazioni siano un po’ ghettizzanti: i sordi si frequentano tra sordi, i ragazzi down tra ragazzi down, e ci chiudiamo in questi mondi paralleli. La vita di mio figlio è stata ed è tutta in salita, fatta di anni di scuola in cui l’integrazione è stata impossibile, di compagni che lo hanno preso in giro e mortificato, di insegnanti volenterosi ma in difficoltà ad affrontare una disabilità come questa. Perché di disabilità si tratta. Emanuele è protesizzato con 2 impianti cocleari, il primo messo da bimbo, a 3 anni ed il secondo a 18, per sua scelta, l’anno scorso, perché “essere sordi è bruttissimo”. Acquisire il linguaggio è stato ed è difficile perché non si tratta solo di imparare il significato di rosa, che rimane un fiore e un colore solo se l’accento sulla o è grave, altrimenti ha tutto un altro significato, e lo si deduce dal senso della frase (e dedurre che significa?). Il problema non è stato insegnargli ed acquisire il linguaggio concreto, ma quello astratto. Emanuele vuol sapere cosa significano parole come sperare, sebbene, tuttavia, diritto di voto. Quando mi chiese cosa vuol dire rispetto, che cambia significato a seconda della frase, ho tentato ma poi mi sono arresa. Lui, che non ha mai voluto imparare la lingua dei segni e se gesticoli quando parli si inquieta perché “io ci sento”, dopo anni di trattamento con una logopedista fantastica adesso arricchisce il proprio vocabolario anche da solo, guardando film e video su YouTube. Ma la sua vita rimane difficile, ancora torna da scuola triste perché i compagni non parlano con lui, ed anche trovare un istruttore che gli insegnasse a nuotare fu un’impresa. E non viviamo in un piccolo centro, ma a Firenze.

Valeria Petrella

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La signora Petrella contrappone la propria esperienza di madre di un ragazzo non udente a quanto ha letto in un ampio reportage pubblicato su questo giornale a firma dello scrittore Giuseppe Catozzella. E ne contesta gli aspetti che mettono in evidenza l’universo parallelo dei sordi composto da una minoranza che vive e comunica al proprio interno affiancandosi, senza pretesa di amalgamarsi, al mondo degli udenti. Per il suo ragazzo lei ha invece scelto l’integrazione in famiglia, nella scuola di tutti, negli sport dei coetanei e difende, anche mostrandone gli aspetti dolorosi, questa strada. Non saremo certo noi a giudicare le due opzioni, ma pubblichiamo integralmente la sua lettera (qui parzialmente tagliata) e l’articolo di Catozzella nello spazio on line di questa rubrica, dove ognuno potrà misurarsi con un tema di così accesa sensibilità.

Stefania Rossini (stefania.rossini@espressoedit.it)