Il Corriere della Sera del 17.04.2020

Le mascherine con l’oblo’. Fibre speciali, ingegno, solidarietà

mostrano il labiale (e i sorrisi). Preparate da 5 volontarie per i non udenti. Ora vanno a ruba.

LECCO. «Stavo guardando la televisione quando hanno trasmesso un servizio su alcuni ragazzi audiolesi. Mi sono chiesta, ma con la mascherina come fanno a leggere il labiale? Ci ho pensato tutta la notte, poi consultando il gruppo di amiche con cui già da un mese produciamo i presidi di protezione abbiamo trovato la soluzione». Ornella Prinzi Pozzoni è un fiume in piena: 52 anni, un marito, due figli, casa a Brivio, nella Brianza lecchese, incapace di stare con le mani in mano. Ha preso la stoffa, le forbici, la macchina da cucire, e ha aggiunto alla classica mascherina un inserto di plastica trasparente realizzato con materiale anallergico, così da consentire che la bocca, se pur coperta, sia perfettamente visibile. Ha postato la fotografia sulla pagina Facebook «Sei di Brivio se», e in meno di 24 ore ha ricevuto decine di richieste. «Insieme con le altre ci siamo già messe al lavoro per completare gli ordini. Siamo tutte volontarie, le mascherine le regaliamo», ci tiene a precisare Ornella.

Cinque donne: ci sono anche Natalina, l’unica che faceva la sarta, ora è in pensione, Genny, Rosa e Angela. Già a inizio marzo avevano deciso di rendersi utili, iniziando a produrre le loro mascherine in versione «classica», senza l’inserto di plastica, fatte in casa. «Il materiale ce lo fornisce la Tessitura Perego di Cisano Bergamasco, che non finiremo mai di ringraziare — spiega Ornella –. Ci viene consegnato attraverso la protezione civile, che poi provvede anche a distribuire il frutto del nostro lavoro: cotone di alta qualità, trama fitta, lavabili e riutilizzabili, ne abbiamo realizzate 2.500, poi donate ai comuni di Cisano, Airuno e Calco. Un centinaio sono andate anche alla casa dei ragazzi di Olgiate Molgora, che ospita giovani disabili». Ora l’idea delle mascherine trasparenti per risolvere un problema già sollevato dall’Ente nazionale sordi, tanto da spingere alcune aziende a chiedere al ministero dello Sviluppo economico di poter produrre speciali ausili di protezione per i non udenti. In attesa però di una risposta formale, c’è chi si organizza come può. E Ornella ne è l’esempio concreto: «Appena ho postato l’altro ieri la foto del mio prototipo in rete mi hanno chiamato due associazioni di Lecco e Cantù, entrambe si occupano di persone audiolese: me ne hanno chieste un centinaio. E noi ci siamo messe subito all’opera». L’obiettivo, come spiegano le volontarie, non è solo quello di offrire protezione dal virus aiutando contemporaneamente chi non sente ad abbattere il muro dell’isolamento grazie alla possibilità di leggere il labiale, ma anche di mostrare il lato più bello di un volto: il sorriso. «Le nostre mascherine non sono certificate, quindi non si possono utilizzare in ospedale. Peccato perché sono convinta che molti pazienti vorrebbero vedere il sorriso degli angeli che si prendono cura di loro». L’idea è lanciata.

di Barbara Gerosa