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LA SORDITA’ NEL BAMBINO (a cura del prof. Umberto Ambrosetti)
In data 4 luglio 2017 presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro presso il Senato della Repubblica, Piazza Capranica, 72 Roma, la Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza, presieduta dall’Onorevole Maria Vittoria Brambilla ha presentazione degli atti dell’Indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori. Nel focus “Il diritto alla salute dei minori diversamente abili” il Prof. Umberto Ambrosetti e la Dr.ssa. Eleonora Carravieri dell’U.O.D. di Audiologia della fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Policlinico di Milano sono stati invitati a presentare una relazione sulle possibilità diagnostiche terapeutiche e riabilitative del bambino sordo. Si riporta intergale il testo della relazione.
Tra le forme di disabilità approfondite nel corso dell’indagine conoscitiva, vi è la sordità grave e profonda, intesa come problema in grado di provocare gravi disturbi nell’acquisizione del linguaggio. “Con la perdita dell’udito – come osservato da Santiago Ramón y Cajal, Nobel per la medicina del 1906 – si chiude una delle porte più ampie aperte sul mondo, quella attraverso cui entrano la cultura e la socializzazione”.
Tale forma di disabilità è stata approfondita nel corso dell’audizione del professor Umberto
Ambrosetti, associato di audiologia e foniatria dell’Università degli Studi di Milano, nonché direttore f.f. dell’Unità operativa di Audiologia presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e della dottoressa Eleonora Carravieri, logopedista presso la medesima struttura.
Per quanto riguarda l’approccio attuale alla sordità infantile, è stata evidenziata la necessità di fare una diagnosi precoce, con test di tipo audiometrico obiettivo. È fondamentale al riguardo lo screening neonatale, metodica semplice, a bassissimo costo, che si effettua nei punti nascita sui bambini di due o tre giorni. Il test si realizza registrando in modo obiettivo le risposte dell’orecchio alla presentazione di un suono.
In caso di dubbio, è necessario accedere a centri di 2° livello, che sono centri di otorinolaringoiatria in grado di verificare e accertare l’eventuale sordità.
In caso di conferma, si passa al 3° livello, rappresentato dai centri ospedalieri e universitari di audiologia, che in Italia sono molto pochi, dove si procede all’applicazione degli apparecchi acustici e alla precocissima riabilitazione ed eventualmente all’intervento di impianto cocleare.
Al riguardo è stato ricordato come verso la metà degli anni ’60 comparvero i primi apparecchi acustici, vistosi e ingombranti che, tuttavia, hanno modificato radicalmente l’approccio alla riabilitazione, nonché la vita dei pazienti. Allo stato attuale, i nuovi apparecchi sono piccoli, molto performanti ed efficaci. Una volta applicato l’apparecchio, segue la riabilitazione di tipo oralista.
Nel corso della riabilitazione i bambini dovrebbero seguire un approccio multidisciplinare, con psicomotricità, musicoterapia e tutti gli ulteriori sostegni per sviluppare al massimo le proprie possibilità e capacità espressive, tanto da poter essere inseriti in scuole normali.
Dal 1992, vengono applicati gli impianti cocleari, che hanno radicalmente rivoluzionato l’approccio alla sordità infantile. Con la diagnosi precoce e l’applicazione dell’impianto cocleare bilaterale un bambino intorno al compimento del 1° anno di età, acquisisce una ottima competenza linguistica in tempi brevi. Al riguardo è stato ricordato come molti dei bambini trattati presso la loro struttura, essendo di nazionalità straniera, parlano 2 o 3 lingue a 4 o 5 anni di età.
Per quanto riguarda le cause della sordità infantile, è stato rilevato come esse si inquadrino nell’ambito della genetica o delle infezioni virali, tra le quali il principale è il citomegalovirus. Queste 2 cause sono responsabili dell’80-85% di tutte quelle che portano a sordità grave e/o profonda.
La mancata identificazione precoce del deficit uditivo determina conseguenze molto gravi. Nel caso di deficit uditivo lieve o medio, la diagnosi deve essere ancora più raffinata, perché meno evidente e quindi diagnosticabile. È stato anche ricordato che spesso i bambini con una sordità di tipo genetico, possono comunque presentare anche altri handicap e problematiche nell’acquisizione della lingua parlata e scritta, come i bambini non sordi.
Per quanto riguarda l’epidemiologia della sordità in Europa, è stato rilevato che i dati in possesso non sono ottimali, comunque 1 bambino ogni 1000, tutt’ora, nasce con problemi di sordità grave e profonda. Tale dato non ha subito modifiche dal 1998 ad oggi, attestandosi sempre intorno allo 0,8 o all’1-2 per 1000, in quanto il 50-60% delle cause da cui deriva è di tipo genetico.
In Italia, su una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, ogni anno si registrano circa 500 bambini con sordità grave e profonda, che necessitano di interventi riabilitativi e di protesizzazione. In Lombardia, con un tasso di natalità interno all’8%, ci si attende annualmente un numero compreso tra i 90 e i 100 pazienti. È stato rilevato come l’incidenza della sordità infantile di 1 su 1000, sia da considerarsi assolutamente significativa, tenuto conto che è 3 volte maggiore di quella della sindrome di Down, 6 volte maggiore di quella della spina bifida e 50 volte maggiore rispetto alla fenilchetonuria. Per quest’ultima, che rientra tra le malattie metaboliche, diagnosticate per legge alla nascita, ricordiamo che vi è stata una estensione della diagnosi anche ad altre malattie metaboliche.
È stato ricordato come 40 anni fa le diagnosi della sordità infantile si effettuavano intorno ai 2 anni di vita del bambino; allo stato attuale una diagnosi a quell’età è considerata un fallimento, in quanto tardiva, e avrà come conseguenza la mancanza di acquisizione del linguaggio in modo normale da parte del bambino.
L’approccio terapeutico in caso di sordità infantile, consiste nell’applicazione dell’apparecchio acustico digitale, che dovrebbe essere stata ricompresa nei LEA, e a seguire, la riabilitazione logopedica. Nel caso in cui le performance comunicative, dopo protesizzazione e opportuna riabilitazione, non siano ritenute dal medico specialista e dal logopedista idonee per l’età del bambino, intorno ai 12-24 mesi si applica l’impianto cocleare.
Allo stato attuale la procedura d’impianto prevista è di tipo bilaterale, nella stessa seduta operatoria. La riabilitazione logopedica, successivamente all’impianto, risulta molto più contenuta nel tempo, considerato che il bambino sordo viene inserito in classi normali e partecipa a tutte le attività sociali e relazionali, in quanto parla. I piccoli pazienti affetti da sordità comunicano verbalmente, senza alcuna necessità di utilizzare il linguaggio gestuale (LIS), se non in particolari e ristretti casi. La differenza tra apparecchio acustico e impianto cocleare è data dal fatto che il primo è un amplificatore, mentre il secondo è un elettrostimolatore che sostituisce in toto l’orecchio interno, interfacciandosi con il nervo acustico e trasferendo le sue informazioni al sistema nervoso centrale. L’impianto cocleare rappresenta un acceleratore di sviluppo psicofisico e intellettivo, tanto che dopo un impianto, bambini con difficoltà motorie nel giro di 15 o 20 giorni iniziano a camminare. L’applicazione della protesi è propedeutica all’impianto cocleare. Gli step sono quindi: diagnosi, riabilitazione, applicazione protesica, se questa non dovesse funzionare si passa all’impianto cocleare.
L’impianto cocleare è applicabile sempre quando anatomicamente è presente il nervo; in mancanza di esso si sopperisce con un dispositivo simile, l’impianto al tronco con performance differenti. Per quanto attiene agli eventuali rischi di infezioni batteriche, è stato rilevato che tali casi sono piuttosto rari mentre si sono più frequentemente registrate rotture di tipo elettronico. Gli impianti di ultima generazione sono invisibili se il paziente non porta la parte esterna ed essendo impermeabili consentono al bambino di svolgere attività come il nuoto, in piena libertà. Tali apparecchi se impiantati in età precoce consentono al bambino di parlare nel giro di un anno con una seduta di riabilitazione settimanale.
Per quanto riguarda l’aspetto normativo, i LEA, recentemente approvati, hanno reso obbligatorio lo screening audiologico neonatale, mentre in passato era effettuato a macchia di leopardo.
I relatori hanno anche auspicato che quando i LEA saranno resi operativi, si preveda di aumentare e finanziare il personale dei centri di 2° e 3° livello, anche per evitare nelle diagnosi tempi di attesa lunghi che non devono assolutamente esserci. In materia di impianto cocleare, pur trattandosi di una procedura efficace e internazionalmente riconosciuta, non vi sono norme regolatrici, ma soltanto una lettera del Ministero della Sanità risalente a vent’anni fa, in cui si afferma che l’impianto non è pericoloso e può essere applicato. È stata quindi auspicata la rapida normazione della materia.
Relativamente alla normativa regionale, si osserva che solo 5 regioni hanno legiferato in materia di esecuzione dello screening audiometrico neonatale.
Per quanto attiene alla cosiddetta indennità di comunicazione, aiuto economico riconosciuto ai pazienti con sordità insorta prima dei 12 anni, pari almeno a 75 decibel, si registrano circa 40 mila casi, molti dei quali iscritti all’Ente Nazionale Sordi, pur trattandosi di circa la metà del totale.
Sull’importanza dell’udito nell’apprendimento del linguaggio, si è soffermata la dottoressa Carravieri che ha ricordato come per il sordo, sentire parlare e comunicare abbiano una ricaduta su tutti gli ambiti e i contesti correlati. L’udito consente infatti l’orientamento e determina lo sviluppo del linguaggio attraverso un allenamento continuo e involontario. L’acquisizione del linguaggio e della lingua prende avvio da 2 elementi: il bisogno comunicativo e la comprensione. L’udito non ha bisogno di essere controllato e il flusso linguistico è continuo, tanto che il bambino nella norma impara da solo, anche nel caso di limitazione uditiva. In quest’ultimo caso, tuttavia, si ha una ricaduta sulla qualità della voce che risulta non fluida, non modulata e con accentazione sbagliata, che determina difficoltà di comunicazione in ambito familiare, scolastico e successivamente nel mondo del lavoro.
La diagnosi, pertanto, necessità di una serie di figure multidisciplinari e multiprofessionali, quali l’audiometrista, l’audioprotesista, il logopedista, l’assistente alla comunicazione – fondamentale per la scuola e l’ambiente sociale – e da ultimo anche del mediatore linguistico, considerato il gran numero di pazienti extracomunitari. Occorre inoltre considerare che molti bambini affetti da sordità nel 25% dei casi hanno altri handicap associati, che comportano ulteriori disabilità di apprendimento.
I metodi riabilitativi sono fondamentalmente 2: l’oralismo, inteso fino a 10 anni fa e prima dell’impianto, come abilitazione all’ascolto e l’integrazione visiva, intesa come interpretazione della mimica facciale e degli indizi fisici necessari per impostare i fonemi. Allo stato attuale, la terapia riabilitativa predilige l’udito, considerato che con l’impianto cocleare e la diagnosi precoce si sono ristretti molto i tempi rieducativi. Tuttavia in alcuni casi di sviluppi atipici è necessaria anche la lingua dei segni, la comunicazione aumentativa alternativa, e i metodi cognitivi, come il Feuerstein, che, lavorando su altre abilità, servono a strutturare il linguaggio.
Nell’oralismo i soggetti coinvolti sono 3: bambino, famiglia e logopedista, con l’obiettivo, in una visione dinamica della terapia, di crescita generale. Occorre poi considerare una serie di fattori intrinseci ed estrinseci che possono favorire la protesizzazione e la riabilitazione. Tra i fattori intrinseci, vi sono il livello del danno uditivo e la maturazione uditiva del soggetto, perché un bambino con diagnosi tardiva ha perso la memoria uditiva che va ricostruita. Occorre poi considerare lo stato neurologico, lo stato di salute generale, ma anche il potenziale cognitivo e l’età, nel senso che bisogna verificare se l’età anagrafica coincida con quella mentale.
Tra i fattori estrinseci, si annoverano la scelta del tipo di protesi o di impianto cocleare o di doppio impianto o di un impianto e una protesi, nonché la comunicazione ambientale del bambino, cioè se parla una o più lingue, e le sue esperienze educative.
Lo scambio comunicativo è fatto di fonemi, parole, strutture sintattiche, capacità di conversare stando nei tempi: un non udente rieducato tardi ha una latenza lunghissima con problemi di apprendimento che possono escluderlo dalla comprensione poetica, umoristica, ironica.
In materia di rieducazione, è stato rilevato come il non udente abbia bisogno di leggere bene essendo la lettura molto più certa del flusso sonoro.
Nell’intervento logopedico assume importanza anche l’aspetto formale, essendo necessario lavorare sull’articolazione, sulla produzione di parole, e sul modellamento morfosintattico. Occorre tuttavia rilevare che solo gli aspetti cognitivi del soggetto, come la sua evoluzione e la capacità di elaborare, permettono di sanare il gap tra quanto può essere insegnato e quanto si impara nella norma.
L’adolescenza rappresenta una fase delicata per il soggetto ipoacusico, considerato che la prima difficoltà che si trova ad affrontare è la velocità espressiva degli altri, che spesso non gli consente di capire e rispondere adeguatamente. Al riguardo è stato riportato l’esempio di soggetti rieducati prima oralmente, considerato che l’impianto cocleare è degli anni ’90, che continuano ad avere difficoltà espressive. Inoltre, l’adolescente vive in un mondo in cui il linguaggio è in continua mutazione, fatto di stereotipi ed espressioni lessicali, ed essendo ipoacusico ha dei ritmi scolastici molto più pesanti.
Infine, è stata rilevata l’opportunità di verificare, nella fase di passaggio all’età adulta, il rischio di eventuali psicopatologie legate alle difficoltà incontrate nella crescita. La terapia deve essere quindi sempre adeguata alle necessità del paziente.