Diagnosi precoce e tecnologia per superare l’handicap della sordità

L’ipoacusia, il sentire poco o la vera e propria sordità sono gravi handicap che possono condizionare molto la qualità della vita delle persone che ne soffrono. Un disturbo che si può presentare a qualunque età, ma che diventa quasi una costante con l’avanzare degli anni. Per aiutare le persone che soffrono di sordità lieve o grave la scienza medica e la tecnologia insieme hanno fatto molti progressi sia nel campo della diagnosi che in quello altrettanto indispensabile delle terapie disponibili. Gli apparecchi acustici di ultima generazione sono in grado di separare la voce e far sentire i suoni anche in ambienti particolarmente rumorosi. Per questo motivo specialisti e tecnici del settore sempre più raccomandano la stimolazione di entrambe le orecchie. «Anche nei casi di sordità grave si può optare per un impianto cocleare in un orecchio e a una protesi nell’altro – spiega Alessandro Martini, professore ordinario di audiologia alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’università di Ferrara -. In casi particolari è possibile abbinare nello stesso orecchio l’uso dell’impianto cocleare e della protesi acustica». È sempre il professor Martini a spiegare un’altra delle nuove tecniche di indagine diagnostica utilizzata, la Positron emission tomography (Pet). «Questo esame ci ha permesso di scoprire meccanismi prima sconosciuti come la plasticità delle vie uditive centrali in caso di balbuzie o l’attivazione delle aree centrali del sistema uditivo nei bambini con problemi di udito, purché trattati precocemente con gli impianti cocleari». L’ipoacusia è una patologia che riguarda in Italia una persona su tre dopo i cinquant’anni, e due si tre dopo i settantacinque, ma stando a quando studiato dagli esperti la previsione è di un evidente peggioramento nel giro dei prossimi anni. Una situazione però che, nonostante l’avanzamento delle cure e le tecnologie messe in campo, viene spesso ignorata dai pazienti. Secondo studi condotti dal Ministero della salute dei sette milioni di italiani affetti da carenza uditiva più di un terzo non è cosciente del proprio deficit, mentre la metà del restante campione, pur essendo consapevole del disturbo, non fa nulla per ovviarlo. I motivi sono molteplici: il costo delle apparecchiature su misura di ultima generazione, ma anche una cultura ancora radicata e diffusa che porta molte persone che soffrono di sordità a negare il problema pur di non indossare un apparecchio acustico. Si è calcolato, infatti, che chi soffre di ipoacusia aspetta in media circa sette anni prima di rivolgersi a un esperto per l’impianto di una protesi. Per questo motivo le aziende del settore si sono specializzate in questi anni nella realizzazione di apparecchi sempre più di design, poco invasivi e soprattutto efficaci, capaci di far superare quella barriera psicologica che induce molti a evitare di affrontare il problema. Sentirci bene è fondamentale anche per la sicurezza in macchina. L’Associazione nazionale degli audioprotesisti italiani ha proposto al Ministero della salute di introdurre dopo i cinquant’anni anche un esame audiometrico per chi richiede il rinnovo della patente.

Fonte: Il Cittadino del 11-02-2017