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Così la Chiesa italiana integra le persone con disabilità. Intervista a suor Veronica Donatello (Cei)
Lingua dei segni e progetti di inclusione nelle diocesi, nelle comunità religiose e nei movimenti ecclesiali. Intervista di Interris.it a suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale delle persone con disabilità della Conferenza episcopale italiana
Inclusione della disabilità
“Stiamo lavorando per accompagnare l’abitare e il progetto di vita delle persone con disabilità e di chi è al loro fianco- evidenzia a Interris.it suor Veronica Donatello-. Va approfondita ancora la formazione del clero e dei seminaristi come ha chiesto papa Francesco. Mentre è iniziato un percorso di formazione per gli operatori pastorali. Nell’ambito antropologico. Pedagogico. Etico-legislativo. E spirituale. Stiamo approfondendo e supportando la tematica. Per quanto riguarda la qualità di vita, di fede dell’età adulta e anziana. Anche nei contesti residenziali lavorando in sinergia con le Congregazioni religiose. Con le Società di Vita apostolica. E con le realtà aggregative”.
Lingua dei segni
Suor Veronica Donatello, francescana alcantarina, 45 anni, abruzzese, è responsabile del Servizio Cei per la pastorale delle persone con disabilità. E’ la religiosa che per i media del Vaticano e della Chiesa italiana traduce nella Lingua dei segni le parole del Pontefice. Durante le celebrazioni, gli incontri pubblici e tutti i momenti di preghiera.
Suor Veronica Donatello, in che modo la Chiesa italiana favorisce l’inclusione dei disabili nella società?
La Chiesa italiana, dal Concilio Vaticano II ad oggi, ha favorito prima l’inserimento e l’integrazione. Poi l’inclusione delle persone con disabilità. Poiché riconosce in loro la medesima dignità di soggetti e cittadini. L’inclusione è favorita attraverso l’operosità delle nostre diocesi. Delle realtà associative. E delle Congregazioni in ambito educativo, pastorale e lavorativo”.
In che modo?
Come si rapporta la Chiesa italiana al tema della disabilità?
“Il mondo della disabilità è così ampio che è importante poter avere uno sguardo unitario. Mettendo insieme le diverse prospettive. La risposta da dare alle persone non può essere univoca. Ma diversificata a seconda dei bisogni. Parola e cura devono andare di pari passo. Non può esserci l’una senza l’altra. Occorre farlo sempre con competenza”.
Può farci un esempio?
“C’è l’esigenza di svolgere servizi sempre più in modo professionale e competente nelle strutture residenziali. Nelle case famiglia. Nelle parrocchie. E con le famiglie. Sia sul tema della cura sia dell’accompagnamento delle persone. Desideriamo promuovere prassi che sono già in atto. E sensibilizzare affinché le persone con disabilità siano incluse nel tessuto sociale. Trovino le risposte di cui hanno bisogno. E siano accompagnate con competenza”.
A cosa si riferisce?
“Occuparsi delle persone con disabilità significa anche sostenere le persone che se ne prendono cura. Soprattutto in questo tempo di Covid-19. Durante il quale è nata una grande sinergia tra le varie realtà. Per non lasciare indietro nessuno”.
A Milano le messe più importanti in Duomo sono “tradotte” per i non udenti. La Chiesa italiana ha recentemente creato un ufficio per la disabilità. Di cosa si tratta?
“A Milano, la parrocchia Sant’Antonio Maria Zaccaria a Milano (via San Giacomo 9), alla celebrazione eucaristica domenicale delle 11.30 garantisce il servizio di interpretariato in lingua dei segni italiana (LIS). Alcune Celebrazioni del Vescovo al Duomo sono fruibili in lingua dei segni e la sottotitolazione grazie al supporto del Pio Istituto per Sordi attraverso il diacono Umberto Castelli. Inoltre in Diocesi è attivo un Servizio di coordinamento delle persone con disabilità che opera in sinergia con altri uffici e realtà associative. Il Servizio nazionale, invece, festeggerà tra pochi mesi i due anni di attività”.
Con quale mandato?
“La nostra missione è quella di assicurare un contributo più unitario, trasversale e continuativo alle persone con disabilità. Intese come soggetti a pieno titolo della pastorale. Offrendo un supporto per l’inclusione nella vita ecclesiale. Alla Cei. Alle diocesi. Agli Istituti di Vita Consacrata. Alle Società di Vita Apostolica. Ad associazioni e movimenti. Il Servizio lavora anche negli ambiti della vita. Dai centri diurni al ‘dopo di noi’. Dalle persone giovani a quelle adulte, agli anziani”.
Come si svolge nelle diocesi italiane la pastorale per le persone con disabilità?
“In questi anni si è avviato un processo inclusivo di sensibilizzazione con le comunità. Lavorando sul pregiudizio cognitivo, religioso e comunitario. Passando dalla sola presenza alla partecipazione attiva in quanto soggetti. In modo specifico attraverso il servizio con la catechesi. Oggi in Italia abbiamo catechisti con disabilità intellettive. Sindrome dello spettro autistico. E del neurosviluppo. In varie comunità. Vi è una maggiore attenzione a una pastorale integrata e a una formazione catechetico-pastorale. Con l’impegno a continuare a promuovere e sostenere la pastorale territoriale”.
Cioè?
“Continuiamo a lavorare sull’accessibilità sui plurimi linguaggi e tutto ciò che riguarda l’accessibilità. Per le Scritture. Per sussidi. Per gli ambienti. Ad esempio il Messale Romano fruibile per i sacerdoti ciechi. Bisogna rappresentare e far conoscere in modo efficace quanto stiamo facendo. Con una metodologia viva. Capace di farci uscire dalla marginalità. Stiamo lavorando sull’elaborazione di modalità narrative. Oltre a promuovere la vita spirituale. L’inclusione. E il benessere fisico e psicologico delle persone con disabilità”.