Calo dell’udito

OK Salute del 28/09/2020

Dalle cause della sordità agli apparecchi acustici attualmente disponibili: ecco tutto quello che c’è da sapere su questa condizione.

La sordità interessa oltre 7 milioni di italiani ma la maggior parte di essi è ancora molto reticente ad ammettere i propri deficit uditivi. Sebbene, infatti, la tecnologia abbia fatto passi da gigante e i pregiudizi intorno a questo disturbo siano notevolmente diminuiti, il calo dell’udito rimane un vero e proprio tabù. Come mai? Ce lo spiega l’audiologo Sandro Burdo, responsabile scientifico dell’Associazione italiana liberi di sentire onlus, che si sofferma anche sulle cause della sordità e sugli esami per diagnosticarla.

Cause del calo dell’udito
Perché si perde l’udito? Come sottolinea Burdo, nel 50% dei casi la sordità è causata dalla genetica e nel restante 50% da fattori acquisiti. Di questi, il 5% è legato a patologie neurologiche come il neurinoma dell’acustico, un tumore benigno che interessa l’ottavo nervo cranico, il meningioma, un tumore cerebrale che origina dalle cellule delle meningi, e da sordità centrali (cioè «sento ma non capisco»). Il 15% dei casi di sordità acquisita è legato a condizioni dell’orecchio medio, come l’otosclerosi, una patologia che colpisce la staffa, e la timpanosclerosi, una complicanza dell’otite che interessa la membrana timpanica. Infine, l’80% dei casi di calo dell’udito di origine non genetica è dovuto a condizioni particolari dell’orecchio interno, come ipoacusia da rumore, invecchiamento, patologie batteriche o virali (per esempio meningite, parotite, rosolia, herpes), farmaci ototossici.

Attenzione a cuffie e auricolari
Nel 2015 l’OMS ha consigliato ai giovani di ascoltare solo un’ora di musica al giorno con cuffie e auricolari e possibilmente a decibel contenuti. Non bisognerebbe superare mai il 60% del volume massimo consentito. Dati raccolti a livello internazionale, infatti, confermano che la metà dei giovani ascolta le canzoni a volume troppo alto, oltre le soglie di sicurezza per l’udito. Purtroppo l’esposizione costante a suoni intensi può danneggiare l’udito e questo vale anche per alcune situazioni lavorative e diversi tipi di hobby. Quando i rumori superano gli 85 decibel, quindi, le ore di esposizione dovrebbero essere ridotte.

Come si manifesta il calo dell’udito
Il primo sintomo di ipoacusia si manifesta quando, soprattutto in ambienti rumorosi (ristoranti, bar), una persona inizia a non sentire bene quello che gli dice il suo interlocutore. A volte, al calo dell’udito, si accompagna anche l’acufene, cioè un ronzio o un fischio fastidiosi. Tra gli altri segnali: si ha difficoltà a comprendere una conversazione che avviene all’aperto o tra più persone che parlano contemporaneamente, si avverte la necessità di tenere molto alto il volume della televisione o della radio e si tende a parlare ad alta voce.

Gli esami per diagnosticare il calo dell’udito
In caso di problemi legati all’udito Burdo suggerisce di rivolgersi a un audiologo o a un otorinolaringoiatra con una seconda specializzazione in audiologia. Per diagnosticare un’eventuale sordità il paziente deve poi sottoporsi a:
– Esame audiometrico tonale e vocale, che quantifica la sordità;
– Impedenziometria, che studia l’orecchio medio;
– Otoemissioni acustiche, che studiano solo le cellule ciliate esterne della coclea;
– Elettroc-ocleografia, che studia il nervo acustico;
– Potenziali evocati, che studiano tutte le vie uditive dopo il nervo

Su 7 milioni di sordi solo 1 milione utilizza gli apparecchi acustici
Come dicevamo, in Italia la sordità è ancora oggi un tabù. Quando una persona diventa miope o presbite, si adegua facilmente alla nuova condizione e non teme di indossare gli occhiali. Al contrario, se il disturbo riguarda l’udito, si innescano ben altri atteggiamenti. Si è riluttanti ad accettare il problema, si prova un senso di vergogna e ci si rifiuta di ricorrere agli apparecchi. Basti pensare che nel nostro Paese, su oltre 7 milioni di persone con deficit uditivi significativi, solo 1 milione utilizza le protesi acustiche mentre i restanti 6 si attardano a rivolgersi allo specialista, correndo il rischio che il loro problema peggiori nel tempo.

Chi sono i più reticenti?
La fascia più reticente è quella compresa tra i 45 e i 65 anni, dove sono presenti all’incirca 3,5 milioni di sordi. Spesso, infatti, accade che le persone di mezza età, che sono al massimo del loro fulgore, inizino a non sentire bene ma decidano altresì di non dare peso alla questione. Tuttora si crede infatti che la sordità sia sinonimo di vecchiaia e di declino cognitivo.
Sebbene la percentuale di sordi tra i 65 e gli 85 anni salga fino a raggiungere i 4,3 milioni, ciò non significa che l’ipoacusia sia appannaggio degli anziani e sia il preludio del decadimento mentale. È un luogo comune difficile da sradicare, anche perché è la società stessa ad alimentarlo. Basta dare un’occhiata agli spot pubblicitari degli apparecchi acustici per accorgersi che i protagonisti sono sempre nonni attempati, in pensione, alle prese con i nipotini. Le aziende «spingono» verso gli anziani, che sono consapevoli del proprio invecchiamento e quindi più predisposti ad acquistare una protesi, senza mai considerare i più giovani. Ecco perché, spesso, tra i primi deficit uditivi e la decisione di ricorrere all’apparecchio acustico possono passare anche vent’anni.

L’acquisto tardivo di un apparecchio acustico è spesso inutile
Come sottolinea Burdo, il problema è che la persona di mezza età compensa la sua perdita uditiva puntando su altre importanti facoltà, come l’attenzione, il bagaglio culturale e la capacità di rielaborazione, e riesce quindi momentaneamente a mascherare il suo deficit. Con l’avanzare degli anni, però, anche queste capacità si affievoliscono e l’ascolto si deteriora man mano, tanto che l’acquisto di una protesi diventa necessario. Tuttavia, essendo trascorso molto tempo dall’insorgenza del problema, questi individui sperano che l’apparecchio restituisca loro anche le funzionalità cerebrali perse negli anni, ma questo non è possibile. Va a finire che gli strumenti acustici vengono comprati ma rimangono inutilizzati.

Il calo dell’udito non curato accelera l’invecchiamento cerebrale
A lungo andare questo rifiuto non solo conduce a frustrazione, isolamento sociale e depressione ma, secondo quanto emerge da uno studio della Johns Hopkins University di Baltimora (Stati Uniti), accelera anche l’invecchiamento del cervello, impoverendo le aree legate al linguaggio e alla memoria. Si tratta di un circolo vizioso che si può evitare recandosi dall’audiologo non appena compaiono i primi disturbi uditivi, senza troppe remore. La maggior parte delle persone, infatti, non è ancora a conoscenza delle evoluzioni che, negli ultimi anni, hanno investito il mondo delle protesi acustiche, indicate per le ipoacusie lievi, medie e medio-gravi.

Calo dell’udito: l’apparecchio acustico ritarda la demenza?

Apparecchi acustici sempre più digitali
Sebbene, infatti, nell’immaginario collettivo siano ingombranti, antiestetici e limitanti, in realtà questi dispositivi vanno sempre più incontro alle esigenze dei pazienti. Sono quasi invisibili, più leggeri e maneggevoli, e molto più performanti rispetto ai loro antenati. Il vero punto di svolta è stata la digitalizzazione, che ha soppiantato definitivamente l’era analogica. Ha consentito di intervenire laddove sia presente un malfunzionamento della coclea (cioè il «microfono» dell’orecchio) legato ad esempio all’invecchiamento, ai rumori intensi, a patologie virali o batteriche o all’assunzione di farmaci ototossici. Diversamente da quelli analogici, i dispositivi digitali vengono programmati dall’audioprotesista attraverso software specifici e regolati sulla base del livello di sordità, dello stile di vita e dei luoghi frequentati.

Come funzionano gli apparecchi acustici digitali 
Ma come funzionano queste protesi digitali? Il microfono dell’apparecchio, che è in grado di individuare la voce dell’interlocutore anche con i movimenti della testa di chi lo indossa, cattura il suono, che viene convertito in segnali digitali da un microchip e inviato all’amplificatore. Quest’ultimo ha il compito di elaborare il segnale e inviarlo al ricevitore, che lo trasforma nuovamente in suono e lo trasmette all’orecchio interno. Grazie a questo innovativo sistema, i suoni deboli vengono potenziati, quelli forti smorzati e i rumori ambientali attenuati. Migliora la capacità di comprensione del parlato e garantisce una buona comunicazione in qualsiasi luogo.
Un’altra peculiarità di questi apparecchi è la tecnologia wireless: oggi, infatti, è possibile far comunicare la protesi con dei piccoli microfoni esterni, che hanno il compito di isolare la voce dell’interlocutore e di inviarla al dispositivo. Immaginate una coppia che va al ristorante: se il marito ha problemi d’udito, fatica a comprendere quello che la moglie dice. A questo punto, ha la possibilità di attaccare alla giacca della consorte un piccolo microfono, che riceve e trasmette via radio la sua voce alla protesi acustica dell’uomo. Non solo: il wireless consente di trasferire al dispositivo gli audio provenienti da televisori, stereo, navigatori satellitari e smartphone.

Adesso gli apparecchi hanno le batterie agli ioni di litio
Infine, esistono persino apparecchi con batterie agli ioni di litio, che consentono fino a 24 ore di ascolto, si ricaricano come un telefonino qualsiasi e mandano in pensione i modelli con le batterie usa e getta. Questo non solo permette di risparmiare in termini economici, ma anche di evitare, ai pazienti più anziani, di maneggiare pile e sportellino, che sono parti delicate dell’oggetto. E poi toglie dall’impaccio molte persone che si trovano a dover cambiare le batterie proprio mentre sono in presenza di amici, colleghi e familiari. Con una protesi di questo tipo, coloro che hanno problemi all’udito possono riuscire a sentire al massimo all’interno di una stanza, mentre sfruttando il wireless si può arrivare fino a dieci metri di distanza.

Gli apparecchi acustici possono essere retro-auricolari e endo-auricolari
Ma quali modelli ha a disposizione oggi chi ci sente poco? Attualmente esistono due tipologie di apparecchi esterni digitali: i retro-auricolari e gli endo-auricolari. I primi possono essere utilizzati per tutti i tipi di ipoacusie, anche quelle più gravi. Sono in grado di amplificare una maggior gamma di suoni rispetto agli altri. Vengono applicati dietro all’orecchio e il suono viene trasportato attraverso un tubicino di plastica che entra nel condotto uditivo. Sebbene siano piccolissimi e disponibili in molti colori (per adattarsi al tono della pelle e dei capelli), sono ancora poco graditi perché considerati troppo visibili. I secondi, invece, soddisfano maggiormente l’occhio del paziente perché sono posizionati all’interno del condotto uditivo, risultando quasi del tutto invisibili. Tuttavia, sono indicati solo per le ipoacusie lievi o moderate e gestiscono il suono in maniera meno sofisticata delle precedenti.

Gli apparecchi acustici impiantabili sono poco usati
Esistono anche le protesi acustiche impiantabili, cioè degli apparecchi che vengono inseriti chirurgicamente all’interno dell’orecchio medio. Si tratta, però, di una soluzione che non viene quasi mai praticata a causa dei rischi legati all’intervento chirurgico e ai limiti tecnologici associati. Per le ipoacusie profonde, invece, bisogna ricorrere agli impianti cocleari.

Il SSN fornisce gli apparecchi acustici a chi ha un calo dell’udito superiore a 55 decibel
Molti si chiederanno se il Servizio sanitario nazionale fornisca gratuitamente apparecchi acustici attraverso enti e aziende convenzionate. Grazie ai nuovi Livelli essenziali di assistenza, è stato diminuito il minimo di sordità necessaria per ottenere il contributo dello Stato. Le persone con ipoacusia superiore ai 55 decibel (prima erano 65) avranno diritto alla fornitura di protesi acustiche da parte del SSN. Inoltre, a queste persone verranno dati tutti i tipi di apparecchi acustici a tecnologia digitale, senza vincoli d’età, con accessori wireless compresi. Grazie al nostro sistema di welfare, che è uno dei più evoluti del mondo, i sordi sono ampiamente tutelati.