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Betlemme, l’handicap e l’amicizia tra cristiani e musulmani
Storie di convivenza tra credenti in Cristo e islamici. Viaggio in Cisgiordania, all’Istituto Effetà Paolo VI: ecco la complicità bella che si accende tra gli esseri umani quando si alleano per prendersi cura delle creature più piccole e vulnerabili
di CRISTINA UGUCCIONI
BETLEMME
Durante lo storico pellegrinaggio in Terra Santa, nel gennaio 1964, papa Paolo VI – venuto a sapere che moltissimi bambini sordi erano privi di assistenza – espresse il desiderio che fosse realizzata a Betlemme una scuola per la loro riabilitazione.
L’incarico fu affidato alla Congregazione delle Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori di Vicenza, cui occorsero sei anni per costruire la scuola ed elaborare il progetto educativo. L’inaugurazione avvenne nel 1971: da allora l’Istituto Effetà Paolo VI ha accolto centinaia di alunni sordi – cristiani e musulmani – che qui hanno potuto recuperare almeno un poco l’udito, imparare a parlare, studiare.
La quotidianità di questa scuola racconta di bambini e ragazzi che hanno scoperto la carezza della cura, capace di vincere la solitudine maligna cui la sordità avrebbe potuto condannarli; racconta la complicità bella che si accende tra gli esseri umani, anche di fede diversa, quando sentono le ferite delle creature più piccole e vulnerabili come proprie e si alleano per prendersene cura.
Un centro d’eccellenza
L’Istituto Effetà è l’unico centro della Palestina a garantire ai bambini sordi il ciclo scolastico completo, dall’asilo al liceo, e la riabilitazione, che comprende sia il recupero dei residui uditivi attraverso l’uso di protesi o impianti cocleari sia l’insegnamento dell’uso della voce (preferito all’insegnamento della lingua dei segni).
Attualmente l’Istituto è frequentato da 165 alunni: sono tutti musulmani, tranne uno, cristiano, in prima elementare. Per la loro riabilitazione e il loro percorso scolastico sono impegnate sei suore italiane ed arabe, docenti cristiani (in larga maggioranza) e musulmani ed educatrici fra le quali una pedagogista, una logopedista e un’assistente sociale.
Disabilità diffusa
Purtroppo, racconta la direttrice della scuola, suor Piera Carpenedo, nei territori palestinesi la sordità è particolarmente diffusa: «Diversi studi hanno rilevato che l’alta incidenza di questo handicap è dovuta a fattori genetici e ai matrimoni contratti all’interno del medesimo clan familiare. Qui non è raro che ci si sposa fra cugini di secondo, terzo, ma anche primo grado. A ciò si aggiungono le limitazioni di movimento imposte da qualche tempo che scoraggiano quei giovani intenzionati a partire per conoscere i loro coetanei di altre zone della Palestina».
Scherno e discriminazioni
Obiettivo principale della scuola, sottolinea suor Piera, è la formazione umana degli alunni: «Ci impegniamo per offrire loro un’istruzione di qualità che li renda capaci di mettere a frutto i loro talenti nella società. Li educhiamo al rispetto e alla cura vicendevoli, al perdono e alla solidarietà, a quei valori umani nei quali tutti si possono riconoscere. E li aiutiamo in molti modi ad affrontare le difficoltà imposte dalla disabilità e quelle legate al contesto nel quale vivono. Di frequente, purtroppo, questi ragazzi sono oggetto di scherno e discriminazioni: ne patiscono molto. Non di rado la disabilità viene ancora considerata una sorta di castigo: nei confronti delle persone con handicap scarseggiano sensibilità e comportamenti adeguati. La situazione, tuttavia, sta cambiando».
Iman, studentessa e poi insegnante
Fra gli insegnanti di fede islamica vi è Iman Ahmed Issa, 34 anni, nubile, docente di religione. Ha studiato a Effetà prima di iscriversi all’università e laurearsi. «Questa scuola mi ha aiutato quando ero piccola, ho imparato molto, anche a parlare correttamente: si sono presi cura di me con grande dedizione», dice. «Ho voluto venire a lavorare qui perché desidero aiutare coloro che sono nella mia stessa condizione ed essere per loro un modello e uno stimolo. Desidero trasmettere ai ragazzi fiducia e ottimismo nei riguardi della vita e del futuro. Mi piace molto lavorare a Effetà, anche per il sostegno e il conforto che ricevo». E pensando all’intesa con gli altri insegnanti, afferma: «Siamo tutti fratelli; l’appartenenza religiosa non è motivo di divisione».
L’alleanza con le mamme
I bambini colpiti da sordità possono cominciare a frequentare la scuola sin dagli otto mesi di età partecipando, insieme alle mamme, a lezioni di stimolazione acustica e vocale. Sin da questi primi incontri l’équipe di Effetà cerca di instaurare un rapporto di amicizia con le mamme sostenendole e incoraggiandole nell’opera di cura. Vengono anche proposti incontri formativi ad hoc per loro. «L’accompagnamento è fondamentale» afferma suor Piera: «Molte donne, in particolare quelle giovani, non sanno come affrontare la disabilità dei loro figli, sono spaventate, si sentono inadeguate. Temono anche il giudizio della comunità. Noi le aiutiamo, anzitutto facendo comprendere che il loro bambino è uguale a tutti gli altri: ha solo un problema di udito, che si può affrontare e gestire se la scuola e la famiglia si alleano per accompagnarlo e seguirlo nel percorso scolastico e riabilitativo. La fede professata passa in secondo piano: per noi e per le mamme ciò che conta sono i bambini».
E quella fra le mamme
Nel corso degli anni sono nate salde amicizie tra gli insegnanti e i genitori degli alunni, amicizie fondate sulla confidenza, sulla fiducia reciproca, sull’affetto, sottolinea suor Piera, che aggiunge: «È per me motivo di ulteriore gioia constatare che le mamme con maggior esperienza (i cui figli frequentano la scuola da anni) hanno cominciato a seguire quelle più giovani, affiancandole con grande delicatezza. Questa complicità sorta anche tra le famiglie, e in particolare tra le donne, consente loro di affrontare con maggiore serenità le difficoltà dei bimbi, e anche i rapporti con le comunità di appartenenza».
Il buon esempio
Iman è lieta e fiera di dare il proprio contributo all’edificazione di uno sguardo nuovo verso la disabilità: «Mi considero un buon esempio per gli studenti e mi sforzo in ogni modo di far loro comprendere che la sordità non è un ostacolo insormontabile: anche noi, impegnandoci, possiamo realizzare i nostri sogni. Con o senza disabilità, siamo tutti esseri umani. La disabilità vera non è quella che colpisce il corpo: è quella che abita la nostra mente quando crediamo ci siano precluse possibilità belle».
La collaborazione con la scuola pubblica
Di recente il Ministero della Pubblica Istruzione ha promosso un grande progetto didattico riguardante l’uso degli strumenti tecnologici e ha selezionato cinquanta scuole in Palestina dove iniziare ad attuarlo: nel distretto di Betlemme è stata scelta Effetà: «È un segno molto promettente, per noi», conclude suor Piera: «Significa che l’amministrazione crede nelle capacità dei nostri alunni».
Il compito delle religioni
A Betlemme Iman ha ottimi rapporti con i cristiani e la maggior parte dei suoi amici è di fede cristiana. Riflettendo sul suo lavoro, afferma: «Ciò che gli insegnanti di religione – musulmani e cristiani – possono anzitutto offrire al mondo è proprio la loro capacità di lavorare insieme, in armonia, nel rispetto delle differenze. Penso che le religioni abbiano il grande compito di mostrare i buoni legami che si possono costruire con tutti, senza fare distinzione alcuna fra le persone. Questo è un insegnamento alto sia della religione islamica sia del cristianesimo».
Fonte: La Stampa.it dell’11 maggio 2017 al link:
http://www.lastampa.it/2017/05/11/vaticaninsider/ita/inchieste-e-interviste/betlemme-lhandicap-e-lamicizia-tra-cristiani-e-musulmani-dHf4QVnwydrNOczJGXeD2I/pagina.html