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Alla scoperta di Anna Maria Franchi, la pioniera della Lingua dei Segni
Enna Press del 07.06.2020
Alla scoperta di Anna Maria Franchi, la pioniera della Lingua dei Segni
L’intervista alla prof. Anna Maria Franchi, interprete e formatrice LIS, a 26 anni dal primo TG1 in lingua dei segni e il suo video-messaggio speciale dedicato ai nostri lettori.
Il 6 giugno di 26 anni fa avvenne una rivoluzione ‘silenziosa’ ma decisiva nel mondo dell’informazione: veniva trasmesso per la prima volta sulla Rai il TG1 nella Lingua dei Segni Italiana (LIS). Fino a quella storica data, le persone sorde potevano accedere all’informazione solo attraverso la lettura dei giornali. Ora, veniva aperta loro una finestra in diretta sul mondo, non solo limitata a delle immagini mute, ma con la presenza di un interprete che attraverso un linguaggio gestuale codificato poteva “tradurre” in contemporanea quello che diceva il giornalista.
Il primo Tg1 LIS.
Quel 6 giugno del 1994 nel primo telegiornale in Lis l’interprete era una donna: Maria Luisa Franchi. Bilingue fin dalla nascita a causa della sordità del padre, della zia e dello zio, Maria Luisa è cresciuta in una famiglia dove la sordità “era di casa”: la madre lavorava in un istituto per sordi, il padre e alcuni parenti – come detto – erano sordi e casa sua era spesso visitata da amici e conoscenti con deficit uditivo.
Lingua e linguaggio.
In gergo, Maria Luisa è dunque una CODA (Children of Deaf Adults): da bambina è cresciuta con adulti sordi: per lei imparare il linguaggio dei segni è stato naturale come imparare a parlare. Ho usato non a caso il termine linguaggio e non lingua perché le differenze sono sostanziali. È anzi importante non far confusione fra termini solo in apparenza equivalenti: il termine “linguaggio” indica in via generica “la capacità innata degli esseri umani di comunicare tra di loro in una o più lingue”, a prescindere dal fatto che si usi la voce o il corpo per veicolare i messaggi di tale lingua. Il termine “lingua” designa invece un sottoinsieme ben specifico e normato dei vari linguaggi. La lingua dei segni è dunque una lingua a tutti gli effetti, come l’italiano, l’inglese, il latino etc… con una struttura e sintassi proprie. Il linguaggio è invece uno stimolo primitivo a comunicare e può seguire regole soggettive costruite hic et nunc tra i due soggetti che vogliono (in qualche modo) conversare tra loro, come avviene tra due persone che parlano lingue diverse. Il passaggio tra il semplice usare in ambito domestico il linguaggio dei segni e la scoperta della Lis in quanto lingua vera e propria, è stato lo snodo centrale nella carriera e nella “missione” della prof.ssa Maria Luisa Franchi che, da studentessa, è stata una delle pioniere dello studio e dell’interpretariato con la Lis in Italia.
Pioniera “inaspettata”.
Un viaggio inaspettato solo apparentemente dominato dal “caso” (l’essere al posto giusto nel momento giusto) ma in realtà segnato da alcune presenze fondamentali, in primis – come ci racconta la stessa prof.ssa Franchi nei contributi audio – dalla figura di suo padre, non udente ed educato da bambino in una scuola per sordi. Le persone sorde venivano istruite nell’uso dei segni negli istituti speciali già dall’inizio del 700. Il primo e più famoso educatore italiano fu don Tommaso Silvestri (Trevignano Romano 1744 -1789) un presbitero e educatore italiano che fondò nel 1785 la prima scuola per sordi d’Italia e l’Istituto Statale per i Sordi a Roma, scuola tutt’ora attiva con il nome di Istituto Statale di Istruzione Specializzata per Sordi Magarotto (Isiss – Magarotto). “In queste strutture – racconta la prof.ssa Franchi a In Terris – venivano ospitati i bambini sordi, come avvenuto per mio padre. Io sono dunque cresciuta in una famiglia segnante. Mentre studiavo architettura all’università, c’è stata la svolta improvvisa e – devo dire – del tutto inaspettata: incontrai la dott.ssa Virginia Volterra i cui primi studi, risalenti alla fine degli anni ’70 e frutto di una stretta collaborazione con la ricercatrice statunitense Elizabeth Bates, si erano concentrati sulle prime fasi di acquisizione del linguaggio e sul ruolo del gesto nei bambini udenti. Lei era ricercatrice all’epoca all’Istituto di Psicologia del Cnr (ora rinominato Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (Istc) di Roma) e faceva delle ricerche sulla lingua dei segni. Questo mi incuriosì moltissimo perché fino a quel momento non avevo mai considerato quel linguaggio – che usavo quotidianamente da sempre – essere una lingua vera e propria: in Italia il parlare con le mani veniva infatti definito semplicemente ‘mimica‘. Invece la Lingua dei Segni in America veniva già studiata da vent’anni, vale a dire dagli anni ’60. La dott.ssa Volterra aveva portato il metodo di studio appreso in Usa ma applicandolo – per la prima volta – alla lingua italiana. In quegli anni, verso il 1982, stava cercando delle persone che la coadiuvassero nelle sue ricerche: io, anche se ero laureanda in tutt’altra materia (l’architettura) cominciai ad appassionarmi a questa nuova branca di studi iniziando a fare ricerca con il gruppo della dott.ssa Volterra. Al tempo, non esistevano pubblicazioni in italiano sulla LIS: da quel momento è iniziato lo studio di ricerca su una lingua – quella dei segni – considerata solo un gesticolare di persone spesso definite ‘mute‘, mentre il loro vero deficit era la sordità”.
Interpretariato.
“In parallelo al lavoro di ricerca, iniziavo le mie prime esperienze da interprete. Così, abbiamo iniziato ad avvicinarci al percorso dell’interpretariato da e nella Lingua dei Segni. La dott.ssa Volterra ha avuto ‘l’ardire’ di organizzare nel 1983 in Italia il 3° Simposio Mondiale di ricerca sulle Lingue dei Segni portando a Roma studiosi e ricercatori di tutto il mondo. Inoltre, ha chiamato alcuni interpreti dall’America – luogo dove il lavoro di interpretariato era già di routine, mentre qui non esisteva ancora – per insegnare a me e ad altri studenti come tradurre in contemporanea il parlato in LIS. Così, è stato organizzato il primo corso in Italia per interpreti LIS organizzato per settimane intensive a 4 persone, me compresa. Io infatti sapevo la lingua, ma non la sapevo ‘interpretare’ per di più in simultanea. Da quel corso e da quell’incontro ‘fortuito’ con la dott.ssa Volterra è partita anche la mia carriera decennale di interprete, formatrice di interpreti, coordinatrice di corsi Lis. Professione alla quale mi sono dedicata anima e corpo. Ho cercato di operare per definire la professionalità di questo ruolo e spero di aver contribuito, tra l’altro, alla crescita della nostra associazione di categoria, l’Associazione interpreti di lingua dei segni italiana (ANIOS). In primis la mia attenzione si è concentrata a migliorare la mia preparazione e quella degli interpreti Lis con l’obiettivo di andare incontro alle esigenze della comunità dei sordi, per farli diventare protagonisti della loro storia e per garantire loro la piena partecipazione alla vita sociale, culturale e politica del nostro Paese”.
Il riconoscimento che (ancora) manca.
“Insomma – prosegue la prof.ssa Franchi – una svolta a 360 gradi rispetto a quello che era il mio iniziale progetto di vita, probabilmente l’architettura. Quei primi anni pionieristici furono un’esperienza bellissima perché eravamo agli albori, alla ‘sperimentazione’ e mi hanno permesso di scoprire quello che per me è il lavoro più bello del mondo: l’interprete”. “Oggi, a 26 anni di distanza dalla prima messa in onda – sottolinea la prof.ssa Franchi – devo dire che sono molto molto felice che la Rai in questo ultimo periodo abbia migliorato e ampliato moltissimo l’accessibilità e le offerte nei suoi palinsesti alle persone sorde. In questi anni, spero di essere stata anche io operaia, nel mio piccolo, di questa apertura. Un’apertura – aggiunge – che spero di vedere anche da parte del Governo in un prossimo riconoscimento della LIS come lingua a tutti gli effetti, come già avviene in molti altri Stati del mondo, ma purtroppo non in Italia”.
da Milena Castigli