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Al Michelangelo di Modena la parola lascia posto alla lingua dei segni
Al Michelangelo di Modena la parola lascia posto alla lingua dei segni
MODENA. “Figli di un Dio minore”, di Mark Medoff, è lo spettacolo in scena al Michelangelo da stasera, 24 gennaio, a giovedì, alle 21, che vede come interpreti principali Giorgio Lupano e Rita Mazza (nella foto). Adattamento Lorenzo Gioielli, regia Marco Mattolini. In un istituto per sordi arriva un giovane insegnante di logopedia i cui metodi innovativi sono guardati con sospetto dal direttore. Il giovane va avanti per la sua strada e i risultati non tardano ad arrivare. Ma la vera sfida per il professore è rappresentata da una giovane donna, sorda dalla nascita, che vive nel suo universo di silenzio e che preferisce non affrontare l’esterno, una realtà. Due mondi che non si conoscono in un incontro divertente ed emozionante. Dalla commedia fu tratto un famosissimo film. Per questo personaggio Giorgio Lupano ha vinto il premio della critica come miglior attore.
«È uno spettacolo tradizionale scritto per un pubblico di udenti – spiega l’attore – ma, visto che l’argomento è la sordità, il regista Marco Mattolini ha cercato di renderlo quanto più accessibile ad un pubblico di sordi. Lo spettacolo è sempre parlato anche se in alcune parti vi è la lingua dei segni e, con l’aiuto di immagini, di ombre cinesi, diapositive, scritti permette ad un pubblico di sordi di capire il significato della scena. Questa è una cosa che in Italia non è mai stata fatta ed è la prima volta che si porta un pubblico di sordi nei teatri ufficiali».
Può un palcoscenico svestirsi della parola per lasciare spazio alla lingua dei segni?
«In uno spettacolo come questo sembra che sul palco la parola passi in secondo piano per dare spazio ai segni. In realtà quello che avviene è che il segno traduce le parole, una lingua visuale che è molto ricca e teatrale. In realtà sul palco non c’è mai la sensazione che manchi qualcosa. Dove non si parla il segno porta avanti la narrazione. La scena si sveste della parola ma si riempie di significati».
È un viaggio in un mondo che vive con noi?
«A fianco a fianco. Solo che noi, in maggioranza udenti, spesso ignoriamo quello che avviene nelle minoranze che abbiamo vicino. Il nostro mondo è disegnato su misura per noi e quello che per noi è la realtà per altre persone è un mondo diverso ma pieno di difficoltà e incomprensioni. Questo viaggio mi ha fatto cambiare il punto di vista sulle cose».
Per calarsi nel ruolo ha frequentato per un anno e mezzo un corso intensivo all’istituto dei sordi di Roma…
«Esatto, ed è stato fondamentale. Prima di iniziare a studiare la lingua dei segni non avevo mai preso in considerazione questa realtà, ed invece ho scoperto un mondo che conosce molto bene il nostro. I sordi conoscono la realtà degli udenti perché la vivono ogni giorno. Siamo noi che non conosciamo la loro cultura e lingua».
Protagonista femminile Rita Mazza, non udente, che è dovuta andare all’estero per prepararsi a questa interpretazione e adesso risiede a Berlino.
«In Italia ho incontrato molte difficoltà e non sono riuscita a fare il lavoro che avrei voluto – spiega – Non mi trovavo bene, e ho deciso di partire per vivere in una società più aperta, dove potermi esprimere al meglio, com’è nel diritto di ogni cittadino. Soprattutto, volevo essere trattata con rispetto. Così, dopo aver vissuto in alcune città europee, sono arrivata a Berlino dove vivo adesso. In Italia ti senti osservata come se fossi una persona sbagliata, ma io non sono una persona sbagliata, sono solamente una persona che usa un’altra lingua».
di Nicola Calicchio
Fonte: Gazzetta di Modena del 24-01-2017