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Lo storico istituto per sordi rischia la chiusura
Allarme all’ISSR di via Nomentana per il blocco dei finanziamenti, personale senza stipendio da due mesi. «Non esiste pianta organica, si va avanti con contratti di collaborazione. Aspettiamo risposte dal governo».
ROMA. Esiste dal 1784. Ma adesso rischia di chiudere. È l’Istituto Statale per i Sordi di Roma (Issr), che è stata la prima scuola per chi non sente in Italia, una delle prime istituzioni pubbliche a occuparsi di disabilità. E ancora oggi questa istituzione di via Nomentana è l’unico ente pubblico che riveste un ruolo di supporto per le persone sorde e le loro famiglie. Un centro di eccellenza con le sue attività formative (passano, infatti, di qui moltissimi insegnanti), i corsi di «Lingua dei segni» anche per udenti o di italiano e inglese per sordi, dotato di uno sportello gratuito di consulenza al quale le persone si rivolgono da tutta Italia per problemi comunicativi, educativi, relazionali, psicologici e giuridici. È stato anche calcolato un bacino di utenza solo regionale, di almeno diecimila persone. Eppure rischia di chiudere. Il motivo? Problemi burocratici che hanno portato a mancati finanziamenti da anni ed anni, e quindi niente pagamenti per mandare avanti la struttura e tutti coloro che vi lavorano con grande passione. La storia è questa. Si tratta di un «Istituto atipico» e come tale nel 1997 la legge Bassanini ha stabilito che dovesse essere trasformato in un «ente finalizzato al supporto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche». Così nel 2000 il Provveditorato agli studi ha distaccato le scuole dell’infanzia e primaria, che pure sono rimaste nello stesso edificio. Però, per completare la trasformazione dell’ Issr è necessario un regolamento governativo che ne disciplini le funzioni e lo doti di una pianta organica. Ebbene, a distanza di 20 anni dalla legge Bassanini nessun Governo è stato capace di realizzarlo: solo nel 2003 ci si è andati vicini, poi è stato bloccato. Così «questo Ente – spiega Benedetta Marziale, responsabile dello “Sportello per la sordità”, anche a nome di tutti i colleghi – essendo privo di regolamento non solo non ha fondi, ma non ha una pianta organica, per cui molti di noi lavorano come “collaboratori coordinati e continuativi” da anni – io da 15 anni – portando avanti servizi ed attività per le persone sorde e le loro famiglie. Ma chi è più sordo, chi non sente o i Governi? Io credo in questo Stato e con tutti i miei colleghi pensiamo di fare un lavoro utile per la collettività. Perciò ancora mi auguro che le buone prassi siano riconosciute e che si voglia andare al di là della burocrazia. E confido che gli impedimenti vengano superati rapidamente, perché abbiamo finito l’ossigeno». In venti anni non solo non si è fatto un regolamento, e quindi non sono arrivati i fondi previsti per gli istituti atipici (solo due in Italia, l’issr e l’Istituto Romagnoli per ciechi) ma per di più il piccolo contributo ministeriale – 40 mila euro l’anno – che l’Istituto riceveva dal Miur, dal 2009 non è stato più elargito e l’Issr si è trovato senza alcun finanziamento per pagare gli stipendi, malgrado i molti servizi offerti gratuitamente, la realizzazione di opere indispensabili al mantenimento dell’edifico e tutti gli obblighi derivanti dalla presenza di una scuola nella propria sede. Come ha fatto? In parte ricorrendo agli affitti: alcuni locali del grande edificio di via Nomentana sono affittati al Comune di Roma, altri al Cnr o ad associazioni che si occupano di sordità, e parte alla Provincia, che però non esiste più e quindi se ne è andata. Per di più per finanziarsi partecipa a molti bandi di gara europei, mette in piedi progetti, organizza corsi di formazione. Ma tutto questo adesso non basta più. Anche perché le 22 persone che vi lavorano ormai sono senza stipendio da due mesi. Diverse attività sono state soppresse, altre rischiano la paralisi nelle prossime settimane. E, come dicono, «l’istituto muore nel silenzio dello Stato».
di Lilli Garrone
Fonte: Il Corriere della Sera del 10-04-2017