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A che punto sono gli studi sull’uso di staminali nella cura della sordità?
A che punto sono gli studi sull’uso di staminali nella cura della sordità?
Ho gravi problemi di udito avendo subito, quindici anni fa , un danno da ototossicità. Allora si diceva che entro dieci anni sarebbero state a disposizione terapie con cellule staminali, cosa che non è purtroppo avvenuta. Qual è la situazione oggi?
Prima di parlare di terapie future o futuribili dell’ ipoacusia è preferibile inquadrare il problema. Immaginiamo di ascoltare un apparecchio radiofonico, il nostro ascolto può essere reso difficoltoso da due motivi: il volume è troppo basso, la stazione è mal sintonizzata. Alla categoria «volume troppo basso» appartengono le ipoacusie trasmissive pure dovute a difetti della membrana timpanica o della catena ossiculare. Chi è afflitto da questo tipo di patologie, ormai da parecchi anni può contare su interventi chirurgici ricostruttivi o protesi acustiche, che danno il meglio di sé in quanto servono unicamente ad aumentare il volume che appunto è troppo basso. Diverse sono le ipoacusie neurosensoriali: in questo caso l’organo di trasduzione, la coclea, o il sistema nervoso preposto a ricevere lo stimolo nervoso sono compromessi. Per tornare al nostro esempio è come se la stazione radio fosse mal sintonizzata. Questo tipo di ipoacusie è difficile da correggere: sia perché fino a poco tempo fa non esisteva alcun mezzo chirurgico per intervenire sulla parte nobile dell’apparato uditivo, sia perché l’uso delle protesi acustiche è reso complicato dal fatto che in queste ipoacusie spesso si presenta un fenomeno di recruitment : in pratica la persona passa, anche con variazioni minime di intensità, dal non percepire il suono a provare un fastidio, anche intenso, perché lo sente anche troppo. I recenti sviluppi dell’elettronica e dell’informatica hanno però permesso progressi addirittura inimmaginabili fino a poco tempo fa. Le protesi acustiche ora sono potenti e affidabili e permettono di correggere in maniera soddisfacente anche le ipoacusie più ostiche, risolvendo anche del tutto, o almeno in buona parte, gli acufeni spesso associati a queste patologie, Nei casi più gravi possiamo poi ricorrere agli impianti cocleari, che permettono di compiere veri miracoli ridando l’udito ai sordi. E lo sviluppo degli impianti cocleari ha anche dato nuovo impulso allo studio della funzione uditiva, migliorando la nostra comprensione dell’apparato uditivo. Un’amplissima letteratura scientifica dimostra oggi che gli impianti cocleari migliorano la qualità di vita in tutte le categorie di pazienti e a tutte le età. Ricordiamo che se migliorare la qualità dell’udito è fondamentale per i bambini, lo è anche per gli anziani perché garantisce loro la possibilità di avere una normale vita di relazione. E oggi cominciano a capire che esiste una correlazione tra deficit uditivo e sviluppo di demenza nell’anziano, è quindi possibile che la correzione di tale deficit possa prevenire un’involuzione a livello cerebrale e non solo perché sentire bene permette al paziente di non isolarsi, ma probabilmente anche perché se l’udito funziona si creano all’interno del cervello connessioni che vengono a mancare se si è anche solo parzialmente sordi. Dunque, quale futuro ci attende?, Sicuramente possiamo aspettarci apparecchiature elettroniche sempre migliori, sia che si tratti di protesi acustiche, sia che si tratti di impianti cocleari e del tronco. Per quanto riguarda l’utilizzo delle staminali siamo arrivati alla sperimentazione su piccoli mammiferi, con risultati che sembrano incoraggianti, in particolare se si “mixano” gli effetti di impianti cocleari e cellule staminali.
Fonte: Il Corriere della Sera del 06-11-2016