La Stampa del 26/01/2024

«Dammi un segno» trascina il lettore in un mondo ai più sconosciuto ma capace di regalare emozioni e una «normalità» inaspettata. Il titolo – dalla doppia interpretazione – fa capire che si tratta di fare un salto nel mondo della sordità grazie a una storia di amicizia. Il «segno» infatti è ciò che caratterizza la LIS, ovvero la lingua dei segni. Il libro è uscito il 18 gennaio e scritto dalle verbanesi Giulia Piana e Barbara Vesco.

A marzo sarà presentato a Verbania in una data in via di definizione, poi l’idea di mettere in campo «AperiLIS», ovvero aperitivi in cui parlare del romanzo e nei quali ordinare da bere e mangiare nella lingua dei segni (con supporto di esperti). L’idea del docufilm «Dammi un segno» è un viaggio che parte dal 2019 e con un destino diverso: «Avevo fatto un’esperienza nel cinema indipendente e volevo realizzare un docufilm sulla sordità da proiettare innanzitutto nelle scuole – spiega Piana -. I protagonisti sarebbero stati sordi, e non attori che li interpretavano. Volevo che si capisse quale mondo di nasconde dietro la sordità e che una persona che non ci sente vive come chiunque, sebbene nel farlo lancia a tutti un messaggio importante».

Poi è piombato il Covid, le possibilità di girare il docufilm svaniscono e matura l’idea del libro, che ha disegni dell’illustratore Edoardo Pipicelli di Arizzano e copertina ideata dalla torinese Francesca Damiani, graphic designer sorda.

Perché la sordità? «Rimasi colpita da un ragazzo non udente che cantava: nonostante il suo limite faceva cose straordinarie – racconta Piana -. Sempre sono rimasta colpita da ciò che persone non udenti riescono a fare mentre spesso chi sente si pone limiti maggiori».

Nel suo percorso di ricerca Piana conosce due ragazzi di Varese, Mauro Dori e Daniele Barbera, che diventano in seguito i protagonisti nel libro nel ruolo di loro stessi. Il mondo «ribaltato» La trama è in maggioranza basata su storie vere, come la grigliata lungo il fiume Toce alla quale Piana ha partecipato con un gruppo di giovani sordi: «Ero l’unica udente – dice – e in quel momento il mondo si era ribaltato. Ero spaventata di come avrei fatto a farmi capire. Invece è stata un’esperienza fantastica». In «Dammi un segno» Mauro è impiegato in una ditta e Daniele lavora in un’azienda farmaceutica. La sera uno insegna in una scuola e l’altro a teatro. Scorre una storia di amicizia che, come valore in sé, azzera barriere. La trama prevede infine che si uniscano due mondi, quello di chi ci sente e chi no. «Amore ed empatia sono le chiavi di lettura» dice Piana.

Dopodiché «non mancano trovate divertenti, come la vicenda dei narcotrafficanti e della Colombia inserita per fare sorridere, perché evidentemente inventata, ma anche per sensibilizzare perché in Colombia le forze dell’ordine sono tenute a sapere la LIS. Il libro infatti vuole anche essere spunto di riflessioni, per capire come rendere la società più inclusiva verso chi tutt’oggi è escluso, senza colpa, da una buona fetta di vita sociale».