L’Espresso del 05/12/2023

In attesa dei decreti attuativi della riforma, la dotazione 2023 per l’attuazione della legge delega finisce agli aiuti in edilizia. E le associazioni denunciano un taglio alla spesa.

«Oggi è un giorno veramente importante», ha detto il 3 novembre scorso Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità. Quel giorno il Consiglio dei ministri ha approvato due decreti della legge delega sulla disabilità che rivoluzionano l’accertamento dell’invalidità civile. Non subito, d’accordo. Ma dal 2025, quando inizierà la fase di sperimentazione su alcune provincie italiane. Pur sempre una grande novità per oltre tre milioni di persone con disabilità in Italia: una promessa di snellimento e riordino in grado di archiviare le frammentazioni di prestazioni, servizi e misure, semplificare gli attuali percorsi ed eliminare le ripetute visite di controllo per ottenere certificati e visite mediche in tempi accettabili.

Sarebbe davvero una giornata memorabile se non ci fosse un gigantesco però. Perché nel frattempo il governo di Giorgia Meloni ha deciso di dirottare i 350 milioni del fondo di attuazione della legge delega per coprire gli oneri del Superbonus e degli altri bonus edilizi. Risorse che, secondo quanto riferito dalla ministra Locatelli, non sarebbero comunque state utilizzabili quest’anno perché destinate al finanziamento della riforma della disabilità, di cui si stanno ancora scrivendo i decreti attuativi. In sostanza, non soldi destinati alle famiglie ma da ripartire secondo le indicazioni della burocrazia. E finché la riforma non si traduce in concreto c’è poco da finanziare.

«La legge delega – spiega Vincenzo Falabella, presidente di Fish (Federazione italiana superamento dell’handicap) – vuole costruire un sistema che riguardi scuola, lavoro e inclusione. I 350 milioni ci saranno nel 2024, nel 2025 e dal 2026 ce ne saranno anche 80 in più. Per quest’anno sono stati dirottati perché se inutilizzati sarebbero finiti nella fiscalizzazione generale. Quindi persi».

Del resto, quello della disabilità è un ministero senza portafoglio, ha potere contrattuale ma non decisionale. Può trattare lo spostamento dei fondi, ma l’ultima parola resta comunque del Mef, il ministero dell’Economia e delle Finanze.

I fondi, tuttavia, potevano comunque essere impiegati nell’ambito della disabilità. E il perché non sia stato fatto se lo chiede un cartello di associazioni che operano nel settore. Comitato 16 Novembre, Confad, CoorDown, Federazione italiana associazioni volontari in oncologia, Forum italiano diritti autismo, Fight the stroke e Federazione italiana malattie rare. Altro che rivoluzione, per queste sigle c’è di che essere «preoccupati e contrariati per le scelte del governo in materia di servizi e sostegni alle persone con disabilità e alle loro famiglie». Tanto più che mentre il governo congela i 350 milioni, nella legge di Bilancio prevede un Fondo unico da 232 milioni di euro per l’inclusione delle persone con disabilità. E, come spiega Carlo Giacobini, direttore generale di Iura, Agenzia per i diritti delle persone con disabilità, in realtà anche l’accorpamento nasconde un tranello che si traduce in un taglio. «Bisogna partire dalla capienza dei quattro fondi che sono stati fatti confluire in questo – dice Giacobini – il primo è il Fondo per l’inclusione delle persone con disabilità, istituito nel 2021 e destinato a vari interventi di inclusione lavorativa, ludica, sportiva e di riqualificazione di strutture semiresidenziali a supporto di persone con autismo. Nel 2023 valeva 100 milioni di euro. Per il 2024 non sono ancora previsti finanziamenti. Il secondo è il Fondo per l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità. Nel 2023 ammonta a 200 milioni di euro. E così pure nel 2024. Il terzo è il Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver, previsto nel 2017 e “rivisitato” nel 2021. Nel 2023 ammonta a 30 milioni. Nel 2024 non è ancora previsto alcuno stanziamento. L’ultimo è il Fondo per l’inclusione delle persone sorde e con ipoacusia istituito nel 2018 e destinato alla promozione della conoscenza e delle competenze nell’uso della Lingua dei segni italiana (Lis) e della Lingua dei segni italiana tattile (List), alla diffusione di servizi di interpretariato per l’accesso ai servizi pubblici e all’uso di ogni tecnologia finalizzata al superamento di barriere “invisibili” alla comunicazione. Nel 2023 sono previsti 6 milioni di euro. Così pure nel 2024. Il totale? 336 milioni su quattro fondi. Che nel fondo unico per il 2024 diventano 232. Dunque, andranno persi altri 104 milioni di euro. Ecco il regalo della legge di Bilancio».

Un’ulteriore beffa che si somma alla storia dei 350 milioni. «Approvare i due decreti e poi toglierci quelle risorse significa buttare fumo negli occhi», dice Mariangela Lamanna, presidente del Comitato 16 novembre, associazione che rappresenta i malati di Sla e di tutte le patologie altamente invalidanti. E la polemica si accende anche tra le sigle: «Quei soldi – aggiunge Lamanna – servivano alla disabilità. Chi ci dovrebbe rappresentare non ha fatto abbastanza. Ci si poteva incatenare sotto al ministero, fare fuoco e fiamme per quei decreti». Falabella però sostiene di aver fatto il possibile e sui soldi finiti a sostenere il bonus ribatte: «Ci rientrano anche le agevolazioni al 75% per il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche».

Resta il fatto, e non è la prima volta, che queste risorse non saranno destinate direttamente alla disabilità. Nel 2022 anche il governo Draghi usò i 350 milioni per finanziare uno dei tanti decreti Bollette. Chissà se davvero il prossimo anno l’esito sarà diverso: «L’iter di approvazione – rassicura Falabella – dovrà essere terminato entro il giugno del 2024. Poi avvieremo la fase di formazione dei territori e quella di sperimentazione nel 2025. I 350 milioni saranno utilizzati».

di Edoardo Prallini