“Egregio Presidente Fontana,
con la presente, le sottoscriventi associazioni chiedono la cortesia istituzionale di essere ricevute da Lei ed essere ascoltate in merito alle recenti dichiarazioni dell’Assessore al Welfare Bertolaso (…) con cui si ventilava una più o meno prossima chiusura delle Rsa per un’implicita loro inefficacia”.

Inizia così lalettera inviata al presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana da Uneba Lombardia e AGeSPI Lombardia, ANASTE Lombardia, AIOP Lombardia, ARIS Lombardia, ANFFAS Lombardia, ARLEA, Alleanza Cooperative Welfare Lombardia

“In Lombardia – spiegano le associazioni  –  le Residenze Sanitarie Assistenziali rappresentano una componente cruciale dell’offerta sociosanitaria e sono di grande supporto ai parenti, in quanto accolgono persone non assistibili e curabili a domicilio e risolvono in tale modo un livello di fatica del caregiving giunto a livelli insopportabili”.

Alle dichiarazioni di Bertolaso -“bisogna chiudere le Rsa, anzi si chiuderanno da sole”- ha risposto anche il presidente Uneba nazionale Franco Massi con una lettera aperta all’assessore lombardo al welfare

Degani: Le Rsa sono diventate centri multiservizi

“Il messaggio dell’assessore Bertolaso – dice il presidente di Uneba Lombardia Luca Degani – e’ l’ennesima stilettata che risulta davvero di difficile comprensione.
Le rsa son da chiudere, i gettonisti non devono esistere, i pronto soccorso non funzionano, le liste di attesa sono troppo lunghe.
Frasi apodittiche che sono la sommatoria delle sue ultime dichiarazioni.

Non fosse che al contempo viene presentato un piano sociosanitario che, al momento, non evidenzia quale sia il percorso per la rimodellizazione della sanità lombarda verso una nuova sanità territoriale adatta ad una popolazione più anziana e cronica.
Le rsa non sono né buon ne cattive.
Noi gestori no profit per primi abbiamo accettato la sfida che fino a ieri ci era stata prospettata.
Siamo diventati centri multiservizi, abbiamo sviluppato una filiera che parte dalla assistenza domiciliare, passa per servizi diurni e vede poi le rsa come strumento di tutela che oggi ha tempi di permanenza inferiori all’anno.
Accogliamo una popolazione che (meno male) oggi ha mediamente più di 85 anni con tre o più patologie croniche.
Persone per cui il domicilio è diventato un limite per la loro qualità di vita.
Persone che, non ci vergogniamo a dirlo, accompagniamo insieme alla famiglia nell’ultimo periodo della esistenza.
Ultimo ma non per questo senza qualità’.
A volte, spesso, svolgiamo la funzione di hospice e ancor più spesso rientriamo nel continuum successivo al ricovero ospedaliero.
Il sistema sociosanitario per le fragilità è certamente da implementare.
La stagione dei picconi si sperava fosse finita”.