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Il silenzio assoluto di chi non ha mai sentito. Provate a vestirvi di sordità
Corriere della Sera del 11/12/2021
L’equilibrio, l’orientamento, fino alla perdita più sconvolgente: non sentire la propria voce, non sapere di che pasta è fatta. Le persone affette da sordità totale hanno fame di relazioni, di contatto. Un fotografo e uno scrittore ci portano tra loro.
Esistono tipologie di disabilità che non smuovono l’opinione pubblica, di solito sono quelle che non hanno menomazioni evidenti, persone all’apparenza senza problemi, in realtà con problemi giganteschi per quanto invisibili. Quantificare i sordi in Italia è molto difficile, potremmo utilizzare i dati Inps, ma forse vale la pena sottolineare che a tutt’oggi non esiste un riferimento di legge o medico-scientifico per individuarli con precisione. Su un dato, invece, non ci sono dubbi. I sordi appartengono a quelle categorie umane che più di tutte hanno sofferto la pandemia da Covid-19. Oltre alla lingua dei segni, infatti, i non udenti utilizzano il sistema oralista, ossia la lettura dei labiali del proprio interlocutore, esercizio reso impossibile dalle mascherine. Ma, prima di proseguire, dobbiamo sgombrare il campo da tutta una serie di pressapochismi, leggende, imprecisioni, che riguardano il mondo della sordità.
Qui non si sta parlando di tutte quelle problematiche relative alla progressiva perdita di udito che accompagnano l’uomo durante la sua vita, e la sua vecchiaia. No. Qui parliamo di sordità totale. Con cui il più delle volte si nasce, che ci viene trasferita geneticamente dai nostri genitori. Sordità che produce, evidentemente, effetti anche sulla verbalizzazione, che spesso rimane appena abbozzata, se non addirittura assente. Anche se il termine “sordomuto” è da considerarsi errato.
FANNO ESPERIENZA DEL SILENZIO ASSOLUTO, CHE SA DIVENTARE DEVASTANTE E METTE ADDOSSO UN SENSO DI ISOLAMENTO TOTALE
I sordi potrebbero parlare normalmente, è la mancanza di udito che non fa evolvere la loro capacità orale. Per un udente è molto difficile sprofondare nel silenzio di un sordo totale. Se volete provarci seriamente — lo ha fatto Valerio Bispuri, il fotografo degli scatti bellissimi che vedete, —vi dovrete far prendere il calco dell’orecchio e farvi fare dei tappi di silicone. Solo con i tappi di silicone, però, continuerete a sentire nell’ordine del 20% delle vostre capacità, per questo vi dovrete mettere anche delle cuffie otoprotettrici, quelle da lavoro per intenderci. Può sembrare un gioco, ma quando vi sarete vestiti di sordità vi renderete conto di quanto non lo sia.
Nelle loro scarpe
A partire dall’equilibrio, all’orientamento, in breve la vostra visione del mondo cambierà drammaticamente, sino ad arrivare alla perdita più grande, sconvolgente: non sentire più la propria voce. Non sapere di che pasta è fatta. E poi, lentamente, iniziare ad accogliere una dimensione che gli udenti conoscono per sentito dire. Il silenzio. Quello assoluto, che sa diventare devastante. Un udente che, anche solo per esercizio teorico, si cala nei panni del sordo sentirà lentamente di precipitare dentro sé stesso, al contempo, sentirà gli altri, il prossimo in quanto tale, via via più distante. Quello che ci si avventerà addosso è un senso di isolamento mai provato prima. Immaginate di vedere persone attorno a voi scambiarsi parole, e con esse informazioni, senza che voi possiate entrare in contatto con quello che si stanno dicendo. La mancanza non è soltanto umana, ma anche pratica, fattuale, che ci si trovi in famiglia o sul luogo di lavoro poco cambia. I sordi non conoscono i suoni del mondo, né i frastuoni né le melodie. Non sanno che un bicchiere sbattuto in un certo modo sul tavolo fa un rumore terribile, per chi ha modo di sentirlo ovviamente. A stargli vicino si vive su un’altalena di silenzio alternato a improvviso fracasso come quando si sta accanto a un bambino piccolo, ancora inconsapevole che a ogni gesto corrisponda un suono e un determinato volume a seconda di come lo si svolge.
Vivere in altalena
Ma proprio come i bambini, i sordi hanno bisogno di una comunità entro cui vivere e riconoscersi, relazionarsi. La loro vita è costellata di amicizie che con difficoltà possono essere paragonate a quelle degli udenti. Semmai, il loro sodalizio diventa più simile a quello di una grande famiglia allargata, dove l’aiuto reciproco è il fondamento principale, certo, ma dove si può anche dare sfogo alla propria voglia di vivere, giocare, ballare. L’Ens, l’Ente nazionale sordi, lotta per il miglioramento della vita dei non udenti da tutto il Novecento, molte sono le battaglie che ha condotto e vinto. Oggi ha un’organizzazione che opera su tutto il territorio nazionale, oltre a difendere i diritti dei sordi in ambito locale e nazionale, continua ad adoperarsi per risolvere i tanti problemi legati alla vita pratica, soprattutto in quei contesti dove il suono è fondamentale, mentre loro possono solo sentire con gli occhi, pensate alla guida di un autoveicolo, solo per fare un esempio fra i tanti. La sordità viene spesso utilizzata come figura retorica. In questa accezione, il sordo è colui che resta totalmente distaccato dalla vita e dai problemi degli altri. Al contrario, i sordi veri sono affamati di relazioni e contatto umano. L’unico modo che hanno per sfuggire al silenzio che li abita è nel dialogo, seppur muto, con il mondo.
Il cuore che batte
Già, il silenzio. L’assenza di suono. Di qualsiasi suono. Un assordante vuoto dove ogni sentimento si amplifica, a partire dalla solitudine, alla nostalgia per tutto quello che mai si accoglierà, come la voce della propria madre, o del primo amore. Udire solo il proprio ritmo cardiaco, un battito che accelera e decelera in mezzo al petto, che vorrebbe farsi voce per descrivere ciò che si sta provando, come accade normalmente agli udenti, e che invece rimane dentro, inespressa. I sordi come molte altre categorie di invisibili vivono accanto a noi, chiudere il discorso definendoli semplicemente disabili non può essere sufficiente, il muro di silenzio che li divide dal mondo gli ha permesso di sviluppare altre forme, e misure, di relazione, in buona sostanza un’altra esperienza di vita che mantiene fede ai sentimenti che contano per ogni umano. In questo, come per ogni altra diversa abilità, possono esserci maestri. Innanzitutto, partendo da un dato a dir poco rivoluzionario: l’amore si esprime con le parole, ma, cosa ben più importante, si compie attraverso i nostri gesti.
di Daniele Mencarelli