Resta informato
Scopri tutte le notizie e rimani aggiornato iscrivendoti alla newsletter
Riconosciuta la LIS. Ma solo per chi è sordo. Denuncia di due mamme
Riconosciuta la LIS. Ma solo per chi è sordo. Denuncia di due mamme
Redattore Sociale del 22/05/2021
La LIS non è una lingua esclusiva di chi non sente, ma può essere utile anche per chi ha un diverso disturbo linguistico, pur non essendo sordo. “Perché Camera e Senato non hanno pensato anche ai tanti senza voce, che non hanno disabilità uditiva?” Lisa con un gruppo di LIS performer
ROMA. Il riconoscimento della LIS è stato accolto e salutato come una buona, un’ottima notizia: plaude la comunità sorda (quella segnante, più di quella oralista), plaudono gli interpreti, che vedono riconosciuta la loro professione. Eppure, c’è chi si sente escluso da una rivoluzione attesa da tempo, che ha il compito di favorire accessibilità e inclusione. A dar voce a chi “non è sordo, ma usa la LIS”, sono Raffaella Buziol, mamma di Lisa e Cristina Caramorri, mamma di Leonardo. I loro figli non parlano, ma non sono sordi, e hanno trovato nella LIS uno strumento fondamentale per la comunicazione e la relazione. “Abbiamo cercato di modificare l’articolo 34, perché non fosse solo a tutela dei sordi – riferisce Caramorri – Invece, è passato solo a tutela dei sordi. Questo vuol dire che ci sarà una grave discriminazione verso tutte le persone che utilizzano la LIS ma non vedono mai tutelati i loro diritti: penso all’assistente alla comunicazione per tutto l’orario scolastico, a un educatore che possa accompagnarli anche nei contesti di socialità, all’indennità di comunicazione. Niente di tutto questo ci spetta per i nostri ragazzi, che sono sistematicamente bullizzati perché, in quanto muti, non hanno la possibilità di difendersi. Aggiungiamo che tutti i servizi forniti ai sordi (gli sms gratis, la LIS in ospedale, ecc.), non valgono per mio figlio: se lui sta male, nessuno potrà capirlo, a meno che non ci siamo io o mio marito, che abbiamo seguito per tre anni un corso LIS all’ENS: a pagamento, ovviamente, perché mio figlio non è sordo. Leonardo l’anno prossimo andrà alle superiori – aggiunge Caramorri – Ho chiesto l’assistente alla comunicazione e mi è stato risposto che mio figlio non è disabile sensoriale, quindi non possono essere destinate risorse per questo. I nostri ragazzi hanno dentro di sé la lingua dei segni, ragionano per immagini: tutto quello che provano passa per la LIS: l’emotività, le litigate ecc. Mio figlio, come tutti, deve poter parlare la lingua che sente propria”.
Per denunciare la situazione e chiedere che il riconoscimento della LIS sia per tutti e non solo per i sordi, Raffaella Buziol e Cristina Caramorri hanno scritto un testo, che ci hanno inviato e che pubblichiamo qui integralmente:
“L’attuale parere favorevole da parte della Camera del Senato al testo sul riconoscimento della LIS e della List non ha fatto emergere se tale riconoscimento sia per tutti coloro che ne necessitano, siano essi sordi (ci vedo ma non ci sento), siano essi muti (ci vedo, ci sento ma non riesco a parlare), siano essi sordo-ciechi (non ci vede e non ci sento). Il riconoscimento, di fatto, riguarda solo la sordità, come se la LIS fosse una lingua esclusiva alla disabilità uditiva. Oggi come ieri, non è stato compreso che una lingua è di colui che la parla perché non sente, come di colui che la parla perché ha un importante disturbo al sistema del linguaggio: un sistema che spesso non è collegato alla sordità. Quella parte del mondo che, pur non essendo sordo, ha un disturbo del linguaggio e necessita pertanto di una lingua alternativa a quella orale, che farà? Quel mondo nel 2021 ancora deve lottare per il diritto alla LIS: la LIS diventa speranza e possibilità anche per chi non è sordo. E l’interprete LIS altamente formato e continuamente aggiornato è una necessità per un muto, tanto quanto per un sordo. Riconoscere la LIS significa anche spiegare come questo riconoscimento avverrà, a quali soggetti sarà data la possibilità di parlarla, come sarà organizzato il riconoscimento anche nel percorso scolastico, nel centro diurno, nel percorso lavorativo. Lì che accadrà? L’indennità di comunicazione sarà sempre solo per la persona sorda? La LIS in ospedale sarà solo per chi non sente, o potranno utilizzarla tutti i soggetti che per parlare la utilizzano? Il diritto di espressione in LIS ci sarà se non sei soggetto sordo? Il diritto alla partecipazione sociale ci sarà se non sei soggetto sordo? Il superamento delle barriere comunicative per i soggetti con autismo, sindrome di Down, disprassia, Lndau-Kleffner, ritardi cognitivi, come sarà? Oggi tutte queste domande aspettano una risposta. Noi però vogliamo ricordare che se un bambino non viene esposto ad una lingua nel corso della sua vita, è possibile che alle difficoltà di comunicazione si aggiungano un ritardo cognitivo, una difficoltà di socializzazione e di tipo comportamentale. E che dietro e intorno a un soggetto “senza voce” c’è una famiglia, ci sono terapisti, ci sono medici, ci sono foniatri, ci sono logopedisti. Crediamo e chiediamo che il riconoscimento della LIS sia dare anche a queste figure la tranquillità e la sicurezza che il loro lavoro e gli obiettivi prefissati nei percorsi di cura non trovino ostacoli. La formazione universitaria in LIS presso la “Ca’ Foscari” ha portato alla laurea molti studenti: il loro percorso accademico sarà una risorsa solo in ambito sordità? Tutto questo patrimonio ha un valore – concludono le due mamme – e crediamo che debba essere messo a disposizione di tutti coloro che possono trarne vantaggio”.
di Chiara Ludovisi