L’Italia finalmente riconosce la lingua dei segni.
L’Huffington Post del 22/05/2021

Si tratta di un passo avanti molto importante. Può essere di grande aiuto soprattutto per creare una società più inclusiva

La Camera ha approvato ieri la conversione in legge del Decreto Sostegni, che all’articolo 34-ter riconosce ufficialmente la lingua dei segni italiana (LIS) e la lingua dei segni italiana tattile (LIST). Ma che cos’è questa lingua dei segni italiana? Si tratta dell’insieme dei gesti per cui siamo famosi all’estero, come quello della mano a tulipano? Ovviamente no. La lingua dei segni è una cosa ben diversa da un insieme di gesti: è una lingua vera e propria, con la sua grammatica, il suo lessico e le sue regole d’uso.

Tanto per cominciare, la LIS è completamente indipendente dall’italiano e non ne riproduce la struttura. Non si tratta in realtà di un’eccezione: le lingue dei segni sono sempre indipendenti dalle lingue parlate sullo stesso territorio. Per fare un esempio, la lingua dei segni inglese (British Sign Language, BSL) e quella americana (ASL) non sono intercomprensibili. Questo non vuol dire che non esistano delle traduzioni dirette dalla lingua parlata alla lingua segnata. La parola italiana “Treviso” è tradotta nella LIS con la mano con tre dita aperte che si muove in cerchio davanti al viso. Molti dei segni della LIS sono iconici, cioè immediatamente comprensibili perché imitano la realtà, si basano su un principio di evocazione o somiglianza.

Ciò implica che in molte lingue si useranno segni simili per riferirsi allo stesso oggetto. Spreadthesign è un bellissimo video-dizionario multilingue di lingue dei segni. Provate per esempio a cercare il segno per “tavolo” nelle varie lingue e capirete cosa intendo. Altri segni sono invece puramente simbolici e non presentano una chiara relazione tra segno e contenuto.

Come tutte le altre lingue dei segni, la LIS si è creata spontaneamente in comunità di persone sorde. Non è chiaro quando essa sia nata esattamente, ma secondo i due filosofi del linguaggio Russo Cardona e Volterra la prima attestazione della LIS risale all’Ottocento, epoca in cui vengono istituiti diversi istituti per sordi nei quali molti sordi si trovano insieme e iniziano a creare una lingua comune. Al momento la LIS è ancora poco codificata e di difficile diffusione per via del fatto che i segnanti sono tra di loro più isolati rispetto ai parlanti e perché le comunità di sordi sono molto poche. Ne consegue una variazione linguistica enorme, soprattutto a livello di lessico.

Abbiamo già detto che la struttura di una lingua dei segni non ricalca quella della lingua parlata sullo stesso territorio, ma allora come funziona? Beh, se la lingua parlata si basa sui suoni, la lingua dei segni si basa appunto sui segni, che sono formati dall’aggregazione di unità minime manuali e non manuali. Un segno cambierà di significato a seconda del luogo di articolazione (cioè il luogo in cui il segno è realizzato rispetto al corpo), della configurazione (cioè la forma) della mano, del movimento della mano (o di entrambe le mani) e dell’orientamento del palmo della mano. I parametri non manuali che contribuiscono alla formazione di un segno sono lo sguardo, l’espressione facciale e la posizione del busto e delle spalle.

La LIS ha un ordine delle parole diverso rispetto all’italiano. Se la frase italiana ha un ordine di base soggetto-verbo-oggetto (SVO, “Maria mangia la mela”) la LIS ha l’ordine soggetto-oggetto-verbo (SOV, “Maria la mela mangia”), che condivide con molte altre lingue dei segni. In uno studio del 2014 due linguiste hanno controllato l’ordine delle parole di 42 lingue dei segni e scoperto che l’ordine SOV era accettabile in tutte le lingue controllate.

I segni che si riferiscono a oggetti nella LIS sono spesso iconici, dicevamo, e a volte anche la grammatica lo è, pur essendo estremamente complessa (come tutte le grammatiche). Se voglio ottenere il plurale dei nomi in italiano aggiungo una desinenza plurale: lampad-a (singolare), lampad-e (plurale). I nomi nella LIS non codificano il genere e si dividono in due classi: quelli articolati toccando il corpo e quelli articolati nel cosiddetto spazio neutro, di fronte al corpo. Il plurale dei nomi articolati sul corpo si ottiene facendo seguire al segno del nome il segno del quantificatore (molti, tanti), mentre per il plurale dei nomi articolati nello spazio neutro basterà ripetere il segno, o estenderlo nello spazio (provate a cercare ragazzo e ragazzi su Spreadthesign, per capire).

Queste strategie sono impiegate anche da alcune lingue parlate. In indonesiano, per esempio, il plurale dei sostantivi si ottiene semplicemente ripetendoli. Prendiamo la parola libro, búku. Il suo plurale sarà búku búku. La parola persona in indonesiano è orang; come si dirà persone, o gente? Avete indovinato: orang orang. Non è per nulla strano che le lingue dei segni utilizzino le stesse strategie linguistiche delle lingue parlate: si tratta sempre di grammatica e di linguaggio. Quello che è diverso è il modo di esprimerli.

E il tempo verbale? Beh, basta aggiungere al verbo un classificatore temporale, che va dalla spalla (che indica il passato) allo spazio vicino al corpo (il presente), allo spazio lontano dal corpo (futuro).

L’Italia ha finalmente riconosciuto la LIS. Si tratta di un passo avanti molto importante. Come spiega bene il linguista olandese Onno Crasborn, referente mondiale per le lingue dei segni, è importante che le lingue dei segni si insegnino a tutti, non solo ai sordi. Esse possono essere di grande aiuto anche per chi non sente molto bene ma non è completamente sordo, per le persone anziane, e soprattutto per creare una società più inclusiva. Auguri, LIS!

di Roberta D’Alessandro (Linguista)