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“Sound of Metal” di Darius Marder
“Sound of Metal” di Darius Marder
Cineforum del 21/12/2020
All’improvviso il silenzio. Nessun suono. Nulla. Né la macchinetta del caffè né il rumore della consueta centrifuga mattutina. La routine quotidiana di Ruben (Riz Ahmed) viene brutalmente interrotta. Dopo aver cercato disperatamente aiuto, Ruben scopre di aver perso più della metà del suo udito che è a detta di dottori e specialisti irrecuperabile. Dovrà da quel momento in poi impegnarsi a preservare quel poco di possibilità di sentire il mondo che gli era ancora rimasta.
Ma Ruben è un batterista: per lui tutto questo equivaleva a una crudele e insanabile sentenza di morte perché a essergli stata tolta era la sua intera vita. Devoto alla musica e dunque all’armonia dei suoni, al fragore penetrante dei tamburi, alla sintonia che nasceva dalla giustapposizione di suoni discordanti. Come era solito suonare quando era con Lou (Olivia Cooke), sua compagna e musicista con cui condivideva un gruppo heavy-metal e una vita raminga solcando quei palcoscenici che gli davano da vivere. E respirare. Entrambi con dei trascorsi oscuri alle spalle che avevano trovato un senso l’uno nella vita dell’altra.
“Sound of Metal“, esordio dell’americano Darius Marder, problematizza la rappresentazione al cinema della sordità su un piano estetico (e sonoro, come vedremo) prima ancora che culturale ed educativo. Il lavoro sul sound design è mirabile, dal momento che ci permette una doppia modalità percettiva: in alcuni momenti del racconto non avvertiamo più alcun suono diegetico in modo tale che la peregrinazione di Ruben la si possa seguire alternativamente dal di fuori e dal di dentro. I nostri sensi vengono così stimolati doppiamente divenendo in maniera sempre più acuta sia spettatori che partecipi del dramma vissuto dal protagonista e l’esperienza della visione di Sound of Metal ancora più immersiva. Tanto più quando Ruben dovrà confrontarsi con chi da quella disabilità è riuscito a creare un proprio mondo dove questa “mancanza” non veniva mai considerata come tale. Per scongiurare una ricaduta – Ruben era un tossicodipendente – Lou gli farà subito incontrare questo gruppo di sostegno dove avrebbe dovuto imparare a vivere da non udente.
Il linguaggio dei segni. Il silenzio. Il non dover più usare la voce. Una comunicazione inedita il cui impatto iniziale è disastroso. Ruben dimentica che in quel microcosmo non ci sarebbe stato bisogno di sistemare nulla e vivrà con questa necessità di fino alla fine, decidendo di impiantarsi un costosissimo apparecchio acustico che gli avrebbe dato solo l’illusione di poter nuovamente sentire. La sua esistenza da ovattata diviene metallica, con dei suoni stridenti e assordanti a cui il suo corpo si sarebbe dovuto abituare. In Sound of Metal, Marder lavora per costante sottrazione. La recitazione non è mai caricata né enfatica e non c’è ombra di sviolinate strappalacrime. Anche nei momenti più concitati – la perdita dell’udito dopo il concerto, l’incontro tra Ruben e Lou a Parigi – Marder si mantiene su un equilibrio e una posatezza che vanno a umanizzare la vicenda di Ruben senza bisogno di primissimi piani o riprese ravvicinate per restituirne l’urgenza.
IL FILM
Sound of Metal di Darius Marder
Usa, 2020, 120′ Sceneggiatura:
Darius Marder, Derek Cianfrance, Abraham MarderFotografia:
Daniël BouquetMontaggio:
Mikkel E.G. NielsenCast:
Olivia Cooke, Riz AhmedProduzione:
Caviar, Flat 7 Distribuzione:
Amazon Prime VideoIl batterista Ruben forma con la fidanzata Lou il duo Blackgammon: i due vivono insieme e sono sempre in viaggio per le strade d’America, in tour da un club all’altro. Ex tossicodipendente pulito da quattro anni, Ruben si accorge di percepire uno strano ronzio nelle orecchie e in poco tempo diventa quasi completamente sordo. Sopraffatto da ansia e depressione, si rifugia in una casa per sordomuti gestita da un veterano del Vietnam anch’egli sordo. Grazie al lavoro con altre persone nella sua situazione Ruben arriva ad accettare la sordità, anche se non perde la speranza di tornare a sentire grazie a un impianto artificiale e così riunirsi con Lou, nel frattempo trasferitasi in Francia dal padre.
di Elvira Del Guercio