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«Mia figlia bullizzata perché non sentiva, così abbiamo aperto il ristorante per sordi»
Press-IN anno XI / n. 2343
Il Messaggero del 12.10.2019
«Mia figlia bullizzata perché non sentiva, così abbiamo aperto il ristorante per sordi»
ROMA. LA STORIA
È tornata dalle vacanze di Natale, ma sui banchi della prima elementare c’erano solo otto bambini. «Tutti gli altri erano stati spostati in altre classi dai genitori». Era solo una bambina e chissà quante altre umiliazioni avrà dovuto subire. «Le facevano i dispetti, la bullizzavano» racconta Donatella Montani, la mamma di Valeria Olivotti, 30 anni, sorda dall’età di due anni. Insieme non si sono mai arrese, insieme hanno creato un progetto «per non far sentire mai più nessuno escluso». One sense, non solo un ristorante pronto ad accogliere chi non sente, ma qualcosa di più. «Sono convinta che dal dolore nasca sempre qualcosa di positivo racconta mamma Donatella – ho dovuto affrontare tante difficoltà nella mia vita, a partire da quello che facevano a mia figlia quando ha iniziato a frequentare la scuola». E oggi non vorrebbe mai che qualcun altro subisse discriminazioni. «Il locale è completamente accessibile per chi ha problemi motori, odio sapere che tanta gente in carrozzina o non vedente neanche esce di casa perché le strade di Roma sono un colabrodo e perché tantissimi luoghi non sono accessibili».
Nel ristorante le pietanze del menù sono segnalate anche con i numeri. «In modo che leggendo il labiale sia più semplice comunicare cosa si vuole ordinare».
Sul bancone c’è una sorta di campanello e quando si schiaccia il pulsante si accende una luce. «Così i camerieri non udenti possono accorgersi che c’è un cliente». E perché si chiama One sense? «Perché è l’unico dei cinque sensi che manca» spiega Donatella che dopo tante battaglie è riuscita a realizzare il suo sogno: «Creare un luogo di integrazione, dove tutti si sentano accolti». Alcuni camerieri sono sordi, altri udenti, lavorano e interagiscono insieme. «Conoscono anche la lingua dei segni internazionale, ho intenzione di assumere anche altre persone non sorde, ma devono usare la Lis e non è affatto facile trovarli». E spiega: «L’Italia è l’unico paese dove la lingua dei sordi non è riconosciuta ufficialmente dallo Stato, mentre se lo fosse sarebbe una rivoluzione perché dovrebbero esserci persone pronte a capire la Lis negli ospedali, nelle scuole, negli uffici comunali». Adesso non è così e si incontrano difficoltà ovunque. «La sordità è una disabilità invisibile – dice mamma Donatella – per questo spesso è ignorata, ma c’è, esiste ed è la causa di tante discriminazioni».
ACCOGLIENZA
L’idea di aprire un ristorante è nata anche dalle difficoltà che Valeria, detta Valla, ha dovuto affrontare quando doveva prenotare un tavolo per organizzare una cena con gli amici. «Chiamavo io i ristoratori ovviamente e spesso il tavolo dove mangiavano i ragazzi veniva ignorato dai camerieri, insomma – racconta Donatella – facevano discriminazioni». «Accoglienza», è la parola che ripete più spesso per spiegare One sense, dopo che per tutta la vita si è spesso sentita respinta. «Da noi si organizzano eventi per superare le discriminazioni e le diversità, ultimamente abbiamo ospitato una cena organizzata dal Saifip per raccogliere fondi, si tratta del Servizio di adeguamento tra identità fisica e identità psichica. Nella gestione del ristorante – dice Donatella – collaborano, Francesco Brodolini e Daniele Bianchi che sono nati donne».
La storia del locale One Sense, alla Garbatella, nato a giugno dello scorso anno, è stata raccontata anche dalla Bbc. «Sono venuti a intervistarci – conclude la mamma- perché la nostra è un’esperienza unica, abbiamo anche molti clienti stranieri sordi, turisti che decidono di venire a mangiare da noi perché si sentono finalmente accolti».
Laura Bogliolo
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