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Ilaria Galbusera: quando la sordità non è una malattia
Ilaria, laureata in Cattolica in economia e gestione dei beni culturali, lavora in banca ed è capitana della nazionale pallavolo sorde. Ha iniziato a giocare a pallavolo a 12 anni, facendo una gran carriera fino ad approdare alla nazionale, con cui nel 2017 ha vinto l’argento a Samsun in Turchia durante i giochi olimpici estivi silenziosi. Le Deaflympics sono riconosciute dal Comitato Olimpico Internazionale e avvengono ogni quattro anni.
Anche grazie allo sport ha vissuto sulla sua pelle che la sordità non è una malattia ma una diversità, che si può superare, proprio come spiega a Bergamo: “la sordità non è una malattia. Proviamo a descriverla insieme con altre parole: la sordità può essere un limite, la sordità può essere una mancanza. Sono due parole oggettive che possono essere usate in contesti diversi, per esempio: la sordità è un limite che può essere superato, la sordità è una mancanza che può essere compensata. La parola malattia invece ha esclusivamente una connotazione negativa”.
Giocare a pallavolo è stata una scuola di vita per Ilaria Galbusera, per lei lo sport è vita: “Amo molto lo sport, lo sport per me è vita. Lo pratico da quando sono piccola e mi ha permesso di diventare quella che sono ora. Mi ha permesso di migliorare sempre, di mettermi alla prova, di tirare fuori il meglio di me. Nello sport non esiste il diverso. Lo sport unisce, fa incontrare tra loro le persone e le pone sullo stesso piano. Nuove amicizie, diventate per me importanti, sono nate grazie allo sport. La nazionale per me è come una seconda famiglia ormai. Lo sport, inoltre, dà la possibilità ai ragazzi sordi di acquisire sicurezza nelle proprie capacità, come è successo a me. Al tempo stesso lo sport praticato tra i ragazzi sordi è fondamentale, permette il confronto, la condivisione delle difficoltà quotidiane e fa capire che non si è soli. Non c’è altra persona che possa comprendermi meglio di una persona sorda. Questo confronto mi è servito molto durante l’adolescenza, un periodo difficile in cui non accettavo la mia sordità. Vedere le altre compagne sorde realizzate nella vita, mi ha permesso di capire che, nonostante il limite, si può fare tutto, lo si può trasformare in una forza. E così è stato“.
Ilaria combatte quotidianamente perché la sordità non venga considerata come una malattia, perché venga superata la vecchia facile discriminazione e chi è normodotato impari a comunicare con chi è sordo, perché non esistano barriere. “Cosa può fare ognuno di noi, ognuno di voi nel suo/nostro piccolo per evolvere insieme? E’ necessario informare, far capire, ma soprattutto sensibilizzare a partire dai più piccoli nelle scuole, nello sport. E necessario includere, spiegare, che non c’è da avere paura del diverso, che la diversità non è altro che una ricchezza che può farti vedere e sentire il mondo con altri occhi. Vederlo da un punto di vista diverso. E’ solo aprendosi al diverso e accettarlo per come è, che possiamo rendere questo mondo più vivibile, senza più barriere, alla portata di tutti. Perché noi nonsiamo un mondo a parte, ma siamo anche noi parte del mondo!”
Ilaria Galbusera realizza concretamente questa necessità, parlando nelle scuole ai ragazzi, attraverso il cortometraggio ‘Il rumore della vittoria’ realizzato assieme al regista Antonino Guzzardi e organizzando i ‘Champions’ Camp’, campi estivi per ragazzi sordi e udenti che insieme possano condividere insieme un’esperienza pragmatica di crescita e inclusione. Va fiera di questo progetto, un’idea “che nasce nel 2011 da Manuela Nironi, una splendida persona con cui ho il piacere di lavorare e con la collaborazione dell’Asd Gss Reggio Emilia. Collaboro con Manuela dal 2014, dalla seconda edizione e con il Champions’ Camp, una realtà già presente sul territorio nazionale, che tutte le estati organizza campi tematici. Le settimane dedicate all’integrazione tra bambini sordi e udenti hanno visto un crescente gradimento e un conseguente incremento delle iscrizioni. Questo ci fa piacere ed è segno che stiamo lavorando su un progetto d’integrazione e di inclusione unico in Italia, che ha un ottimo riscontro da parte delle famiglie che si ritrovano nei valori che il Champions’ Camp insegna“.
Questo suo impegno per il sociale è stato notato e premiato dal Presidente Sergio Mattarella che l’ha insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Un gran riconoscimento per lei che crede che solo conoscendo le realtà si può smettere di averne paura.
A tal proposito Ilaria racconta ad Alleyoop : “E’ consuetudine che si segni l’inno nelle diverse lingue dei segni, prima dell’inizio della partita. Come squadra abbiamo deciso di farlo tutte insieme, come momento nostro, speciale; è come se dicessimo intensamente: “Ora si inizia a fare sul serio, è il nostro momento, ora o mai più”. Dieci anni fa, alla mia prima esperienza in nazionale, mai e poi mai avrei pensato che saremmo arrivate fino a qui. Un video che insieme alla vittoria della medaglia d’argento è diventato virale con 4 milioni di visualizzazioni e che è stato condiviso da politici, donne e uomini di spettacolo, dello sport, della società civile. Il calore dei sostenitori italiani non è mai mancato, è sempre stato presente e ha scaldato i nostri cuori. Ora che ci siamo fatte conoscere nel panorama dello sport italiano l’affetto è anche aumentato! Felice che l’Italia intera finalmente si sia accorta anche della nostra realtà, che mai prima d’ora è stata così visibile. Perché anche noi esistiamo. Quello che poteva sembrare solo un sogno, finalmente è diventato realtà. Ci siamo fatte sentire e abbiamo fatto rumore“.
Il 16 marzo a Bergamo Ilaria ha concluso il suo Tedx raccontando alla platea la domanda che in 28 anni più l’ha colpita: “Ero stata invitata a parlare della mia sordità in una scuola elementare e un bambino di 9 anni mi ha rivolto la seguente domanda: ma se inventassero una pillola che eliminasse per sempre la tua sordità facendoti diventare udente e dandoti la possibilità di poter sentire, la prenderesti sì o no? La maestra l’ha subito zittito: ma che domande fai! No, Signori, è stata una domanda bellissima…che per la prima volta mi ha messo veramente in difficoltà e ci ho dovuto riflettere su. Nell’istante, come succede nei film, si sono aperti tutti i flashback, sono tornata indietro nel tempo. Mi rivedevo io da piccola, seduta sul pianoforte, con queste protesi così grandi che mi facevano le orecchie a sventola a cercare di imparare a stare al mondo, a sognare un futuro facile per tutti noi, a chiedermi come sarei stata da grande, se ce l’avrei fatta, con tutti i sacrifici fatti per arrivare fino a qui, i pianti, le gioie, i dolori, le conquiste…così come è stata una grande conquista per me arrivare qui a parlare sul palco di TEDx davanti atutti voi. Immaginate quale sia stata la mia risposta”.
Questa stessa resilienza e caparbietà, accompagnerà Ilaria Galbusera nelle selezioni per gli europei che si svolgeranno a Cagliari, in Sardegna, dal 6 al 16 giugno. Ne siamo certi.
Fonte: Il Sole 24 Ore