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“Ai bimbi sordi non serve la LIS”
La Nazione del 13-02-2019
“Ai bimbi sordi non serve la LIS”
Niccoli (Agfa): «Con gli impianti possono fare tutto come gli altri… La lingua dei segni fondamentale soltanto per gli over 30».
GROSSETO. «Ben vengano tutte le iniziative che possono insegnare cose nuove ai nostri figli, ma è bene sapere che la lingua dei segni non serve ai bambini sordi. Soprattutto non serve alla loro integrazione, perché grazie a Dio e alla tecnologia i bambini sordomuti non esistono più. Ci sono bambini sordi che possono, però, sentire i suoni grazie agli impianti tecnologici e dunque possono imparare a parlare correttamente e avere così una vita perfettamente normale e autonoma sotto ogni punto di vista». Stefano Niccoli è il presidente dell’Associazione grossetana famiglie audiolesi e conosce molto bene casi di famiglie con figli nati sordi, ma che grazie a una diagnosi precoce, agli apparecchi acustici e a un periodo di logopedia oggi fanno una vita assolutamente normale: parlano e sentono come tutti gli altri ragazzi che frequentano sia a scuola, sia in altri contesti. «Con lo screening audiologico neonatale, nato qui a Grosseto anche su sollecitazione della nostra associazione e dal gennaio 2017 obbligatorio in tutti gli ospedali d’Italia – dice Niccoli – si riesce a capire subito se nel bambino ci sono problemi di sordità e si può intervenire in maniera tempestiva. Già a tre mesi di vita si possono utilizzare di micro-apparecchi acustici che consentono al piccolo di percepire suoni e rumori e dunque di iniziare ad abituarsi a parlare. Ci vuole un po’ di tempo, ma neanche troppo. Il risultato finale è quello di formare un ragazzo completamente autonomo in grado di fare tutto senza sentirsi nel disagio di dover comunicare con gli altri in maniera diversa attraverso dei gesti. Questa è integrazione vera al cento per cento». «Fra l’altro – prosegue Niccoli – per i cosiddetti ‘sordi profondi’ c’è la possibilità anche dell’intervento cocleare che è finanziato al 100% dal Servizio sanitario nazionale». Il presidente dell’Agfa, fornisce poi un dato specifico. «I 18 bambini ipoacusici che frequentano le scuole della provincia di Grosseto, parlano e cantano senza essere costretti ad utilizzare le mani – dice Niccoli – La lingua dei segni, anche nota con il solo acronimo ‘Lis’, è importante certo, ma per le persone adulte. Per chi ha più di 30-35 anni, perché quando erano bambini non erano ancora sviluppate le tecnologie di ora». Il presidente dell’Agfa, associazione nata a Grosseto nel 1989, formata dalle famiglie delle province di Grosseto e di Siena che volevano e vogliono affermare il diritto dei propri figli audiolesi a vivere in piena autonomia e completa integrazione nel tessuto sociale, senza dover ricorrere al ‘linguaggio dei segni’, vuole lanciare un messaggio tranquillizzante alle famiglie che dovessero trovarsi nella condizione di avere figli sordi. «Oggi – conclude Niccoli – ci sono tutte le possibilità perché un bambino nato sordo possa diventare un ragazzo e un adulto con la stessa autonomia di un naturalmente udente. Come associazione crediamo che se investimenti ci debbano essere, anche da parte delle istituzioni, questi debbano essere rivolti in questa direzione, anzitutto informando in maniera corretta le famiglie che non possono essere portate a credere di dover apprendere un metodo di comunicazione che lingua non è».
di Andrea Fabbri