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Difficile ottenere i dispositivi per la sordità profonda
Difficile ottenere i dispositivi per la sordità profonda
Eppure gli impianti cocleari sono nei Livelli essenziali di assistenza.
Ausili che permettono alle persone con sordità profonda, dalla nascita o acquisita, di uscire dal silenzio e avere una vita autonoma: gli impianti cocleari rientrano tra le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale deve garantire ai pazienti, essendo inseriti nei Livelli essenziali di assistenza dal 2007.
Per accedervi, però, chi ha una disabilità uditiva deve ancora affrontare percorsi a ostacoli. L’ultimo, in ordine di tempo, viene segnalato da associazioni di persone sorde nel Lazio.
«Ci risulta che da gennaio 2017 la Regione non stia rimborsando la tariffa per il costo dell’impianto cocleare perché fuori budget – denuncia Bianca Garofalo, vicepresidente dell’associazione La chiocciolina onlus -. Temiamo che siano sospesi gli interventi nei due centri ospedalieri di 3° livello al Gemelli e all’Umberto I di Roma, autorizzati a impiantare sia bambini, sia adulti. Sembra, invece, che il rimborso sia riconosciuto a ospedali fuori Regione dove pazienti del Lazio effettuano l’intervento, oltre che al Bambino Gesù (Centro regionale accreditato per gli interventi in età pediatrica) perché extraterritoriale (Stato del Vaticano, ndr)».
Che la situazione sia critica lo conferma Patrizia Mancini, responsabile del Centro impianti cocleari del Policlinico Umberto I: «Abbiamo pazienti in lista di attesa da agosto perché mancano i dispositivi, al momento riusciamo a fare solo gli interventi più urgenti. Il nostro ospedale, nelle more del capitolato di gara/accordo quadro per la fornitura dei dispositivi che la Regione deve fare in base alle norme sugli appalti, ha indetto la gara ma bisogna aspettare i tempi necessari». «Tra un po’ saremo costretti a mandare i pazienti fuori Regione – aggiunge Marco De Vincentiis, direttore dell’Unità operativa complessa di otorinolaringoiatria dell’Umberto I -. Non possono aspettare i bambini in età pre-linguale, a cui l’impianto va fatto entro i due anni, né gli anziani con grave deficit dell’udito, che comporta anche un declino cognitivo, né gli adulti diventati sordi profondi, per i quali il deterioramento della comunicazione è un forte ostacolo alla vita sociale e lavorativa». I problemi non esistono solo nel Lazio. «In Italia si effettuano circa 15 impianti cocleari per milione di abitanti l’anno, in altri Paesi, come Germania e Francia, se ne fanno 25 per milione di abitanti – sottolinea Marco Radici, presidente Associazione otorinolaringologi ospedalieri italiani e direttore UOC otorinolaringoiatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma – . I motivi? Insufficienti diagnosi di sordità (solo dal 2017 è obbligatorio lo screening uditivo neonatale, si vedano il grafico e articolo sotto, ndr), limiti economici che impongono dei tetti alla disponibilità degli impianti in alcune Regioni, ma anche aspetti culturali».
«Al nostro sportello di ascolto – interviene Paolo De Luca, presidente APIC – Associazione portatori impianto cocleare – riceviamo segnalazioni di pazienti costretti a fare continui viaggi fuori Regione, perché mancano centri di 2° e 3° livello per la diagnosi e cura della sordità infantile e centri accreditati per gli interventi di impianto cocleare. Per quest’ultimo, succede anche che accessori fondamentali, come le batterie ricaricabili che fanno funzionare il processore esterno, non essendo inseriti nel nomenclatore delle protesi (quindi a carico del Ssn), in alcune Regioni debbano essere acquistati dai pazienti, mentre in altre li passa la Asl».
C’è chi non può permetterselo, come riferisce la dottoressa Mancini: «Le batterie costano 150-160 euro e vanno cambiate ogni 1-2 anni. C’è un paziente di 40 anni, impiantato e in cura presso il nostro centro, che non può sostenere il costo: lo aiutiamo noi anche grazie alla solidarietà di altri pazienti».
di Maria Giovanna Faiella
Fonte: Il Corriere della Sera del 23-12-2018