Wired del 12/02/2022

Dispositivi smart in città, ergonomia per casa, guanti tech per la riabilitazione e tutori virtuali: la tecnologia si rivolge al sociale.

Il dispositivo Letismart
Trieste diventa un apripista per le nuove tecnologie volte a migliorare la qualità di vita delle persone più fragili, con il nuovo dispositivo Letismart  realizzato dall’azienda Scen. Si tratta di un microchip che dialoga con l’ambiente, applicato al tradizionale bastone bianco per le persone cieche. “Letismart è una soluzione di microelettronica integrata costituita da un kit luce, presente sulla punta del bastone, che si illumina in modo automatico quando la sorgente luminosa è scarsa e da un kit voce che va a sostituire il manico e presenta un circuito elettronico miniaturizzato, di soli 8,5 grammi, utile al non vedente per ricevere informazioni vocali, accompagnate da impulsi e vibrazioni. In questo modo l’utente interagisce con l’ambiente attraverso un sistema di radiofari dotati di segnalatore acustico”, spiega Marino Attini, esperto di elettronica e ipovedente grave.
Il dispositivo è collocabile in punti strategici della strada, come incroci, fermate dell’autobus, ospedali e scuole in modo che la persona cieca o ipovedente possa orientarsi alla ricerca di un negozio o di un ufficio, migliorando anche la gestione di situazioni difficili come la presenza di lavori in corso. Oltre alla città di Trieste, il sistema sarà a breve disponibile a Milano, Mantova e Como, nel sito turistico di Paestum, presso l’università Bocconi e nel centro storico di Firenze.

Ergonomia in cucina
Arriva dall’Oriente il dispositivo Oneware, utile nel semplificare la vita casalinga per chi può contare solo sulla forza di un’unica mano. Questo set di accessori è stato progettato dal designer Loren Lim Tian Hwee della National University di Singapore ed è il miglior esempio di come il design possa unirsi alla praticità e all’assistenza. “Tutto è iniziato quando ho visto mio zio superare un ictus, che lo ha lasciato con un braccio non funzionante. Da sempre appassionato di cucina, si ritrovava spesso a preparare da mangiare per la famiglia, ma dopo l’ictus, l’ho notato lottare contro semplici attività, come tagliare il cibo e lavare i piatti. Questa situazione è stata per me un’ispirazione per il mio progetto perché la mancanza di supporto per tenere a freno le cose è uno dei problemi più comuni che un disabile deve affrontare in casa”, racconta Loren.
Oneware è composto da un telaio principale con unità modulari e un tagliere dotato di creste, che àncora il cibo consentendo di tagliarlo con una sola mano, in aggiunta a una rete in silicone che blocca le stoviglie semplificandone il lavaggio. Attraverso incastri, intagli e ganci, la piattaforma di lavoro risulta così totalmente ergonomica e favorisce una modalità d’uso autonoma ed efficiente. Ogni pezzo è semplice da ripulire, offrendo la possibilità di svolgere azioni quotidiane senza alcuna assistenza. “Sebbene molti ritengano che il design per le persone con disabilità sia un mercato di nicchia, in realtà è aperto a molte possibilità che potrebbero soddisfare la massa”, afferma Loren.

La riabilitazione diventa intelligente 
Spesso per riacquisire le normali funzionalità motorie è necessario un lungo periodo di fisioterapia adeguata, non sempre effettuabile a domicilio. Ad aiutare i pazienti in fase riabilitativa, rimanendo però nel proprio ambiente familiare anche durante il decorso fisioterapeutico, è l’ingegnere Hoyoung Ban dell’azienda coreana Neofect, ideatore di Rapael, un guanto smart in silicone che restituisce motilità dopo un ictus o un’ischemia.
Il dispositivo pesa soltanto 132 grammi ed è dotato di accelerometro e sensori per registrare i movimenti delle mani, inducendo la neuro-plasticità necessaria per il ripristino della funzione manuale dei pazienti che hanno subito un danno cerebrale. Dopo la laurea in ingegneria aerospaziale, Hoyoung si è specializzato nella progettazione di robot, ma il suo obiettivo erano i mini-dispositivi assistenziali. Nasce così l’idea di Rapael, il guanto connesso facilmente indossabile.
“Il dispositivo è dotato di sensori di movimento disposti su nove assi e micro comandi a 32 bit, simili a quelli presenti nei guanti predisposti per i videogiochi. Sul software sono presenti quarantacinque videogame sempre aggiornati e selezionati in base alla tipologia (cognitivi o di coordinazione) e ai movimenti indicati (prono-supinazione, flesso-estensione polso, flesso-estensione dita, deviazione radiale e ulnare)”, spiega Ban. Questa soluzione di riabilitazione intelligente guida verso esercizi gradualmente impegnativi, simili a quelli consentiti dagli accessori per console: i pazienti si divertono e al tempo stesso sono motivati riacquisendo facilmente il corretto movimento come durante una comune fisioterapia.
“Le persone possono così essere rieducate a effettuare semplici azioni, come lanciare una palla, versare un bicchiere d’acqua o spremere un’arancia. È possibile selezionare i giochi e concentrarsi poi su alcuni movimenti di avambraccio, polso e dita. Inoltre Rapael è in grado di raccogliere e analizzare i dati proponendo un percorso personalizzabile che aiuti a recuperare le abilità fisiche e cognitive del malato, facendo lavorare contemporaneamente muscoli e tendini specifici”, continua Hoyoung.

Virtualizzare i movimenti
Ma in seguito ad un ictus o a un trauma motorio, la ripresa non è sempre breve e ci si sente spesso limitati anche nella vita lavorativa, così usare mouse o touchscreen diventa davvero un’impresa impossibile. A rendere i comuni device più accessibili a persone con disabilità agli arti superiori è il dispositivo MyMove, dell’azienda di tecnologia israeliana 6Degrees, fondata dai coniugi Miri Berger e Aryeh Katz.
“Si tratta di una fascia leggera e indossabile da chi è affetto da menomazioni per rivendicare la propria vita digitale”, spiega Katz, ex-paracadutista disabile a causa di un incidente in servizio. “Avere accesso alla tecnologia significa usufruire di pari opportunità per svolgere un ruolo attivo nella società. Vogliamo incoraggiare i disabili o coloro che soffrono di amputazioni o malattie che limitano la mobilità, come la paralisi cerebrale, a “rimettersi in piedi” sia finanziariamente che socialmente” afferma Miri.
L’idea era quella di ideare un braccialetto che studiasse i movimenti di un paziente, consentendo di controllare i propri dispositivi elettronici, in modo simile a come un apparecchio ad attivazione vocale impara la voce di una persona. Infatti, grazie all’impiego della comunicazione wireless e di un dispositivo bluetooth plug-and-play, MyMove traduce il movimento generale di braccia o mani in comandi specifici. Di conseguenza, le persone possono utilizzare tablet, laptop e smartphone senza dover ricorrere a mouse, touchpad o schermo tattile. “Il device funziona come un videogioco di realtà virtuale aiutando le persone amputate a superare il dolore causato dalla perdita dell’arto. MyMove apprende il modo in cui ti muovi, studia e analizza la tua portata, velocità, tremori o movimenti involontari e caratterizza quel ritmo. Può essere collegato a qualunque dispositivo intelligente e lo controlla con qualsiasi movimento”, continua Miri.
Se un individuo ha un raggio di spostamento limitato o una malattia neurologica come il morbo di Parkinson, MyMove tiene conto della capacità del raggio d’azione e offre all’utente un movimento regolare su quel lato dello schermo. “Le persone possono comunicare con i loro amici, ordinare articoli online, andare a scuola, disegnare grafici, giocare e ritornare a lavorare serenamente, dando loro quella libertà”, afferma Aryeh Katz. Inoltre, lo strumento è molto utile anche per la sindrome dell’arto fantasma: la persona fissa la fascia sopra la parte mancante e indossa degli occhiali di realtà virtuale per visualizzare l’arto completo. Sarà quindi il dispositivo ad ingannare il cervello, facendogli pensare di avere un uso completo dell’arto assente, che si muoverà nel gioco, aiutando emotivamente a superare ogni barriera.